Contraddizioni paradossali della legge italiana sul rilascio di cittadinanza

GIAN ANTONIO STELLA

«Dov’è il certificato che non ha commesso reati in Nigeria prima di immigrare in Italia?» Aveva otto mesi Doris Nneka Egwu, 39 anni, lettrice di inglese, esperta nei rapporti coi bambini dislessici, soprannominata «Dorissima», quando i genitori la portarono qui dall’Africa: otto mesi. E in Italia ha fatto l’asilo nido, la scuola d’infanzia, le primarie, le medie, il liceo scientifico e l’università poi lasciata per dedicarsi a una scuola di British Language e all’insegnamento negli istituti umbri: Roma, nonostante la donna viva in Italia dal 1983 (al governo c’era Craxi, lo scudetto andò alla Juve di Platini e l’Oscar fu conteso da Ghandi e E.T), continua a pretendere quella carta bollata senza cui, come raccontò mesi fa a Avvenire, non ha ancora il nostro passaporto. «In Italia, dove la responsabilità penale comincia a 14 anni, mi chiedono un documento che attesti che io non abbia commesso reati quando avevo da zero a 8 mesi, in Nigeria». Risultato? «Richiesta di cittadinanza respinta. Due volte. Una perché il documento, faticosamente recuperato in Nigeria e valido sei mesi, tra una cosa e l’altra era appena scaduto». Come accertare dunque la sua immacolatezza penale mentre veniva allattata?

Una storia insensata. Figlia di una legge sulla cittadinanza così cervellotica e ostile agli immigrati da fornire centinaia di esempi paradossali di ferocia xenofoba. E nello stesso tempo, restando inchiodata al 1992 tra mille polemiche, risse e ambiguità anche a sinistra, una legge sempre più aperta verso i discendenti più remoti della Grande Emigrazione Italiana. Porte chiuse agli immigrati come a suo tempo fu il nostro León (Leone) Gambetta che, nato a Cahors da un padre genovese, firmò a Parigi la proclamazione nel 1870 della Troisième Republique 11 anni dopo (undici!) esser stato naturalizzato francese. Porte spalancate «secondo il principio del jus sanguinis», dice la legge, ai discendenti di cittadini italiani «senza limite generazionale». Come pare vogliano diventare italiani, per mettersi al riparo da eventuali grane giudiziarie brasiliane, i fratelli Edoardo e Flavio Bolsonaro, figli dell’ex presidente Jair omaggiato nel 2021 con la cittadinanza (onoraria) di Anguillara per un trisnonno padovano e oggi accusato d’aver ordito il tentato golpe a Brasilia. Bella parità costituzionale: di qua basta un nonnetto tra i trisavoli ottocenteschi, di là occorre la fedina penale di una lattante.

in “Corriere della Sera” del 11 gennaio 2023

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