Elezioni europee. L’Europa vira a destra

ISPI

Secondo le proiezioni le destre avanzano in quasi tutta Europa. La “maggioranza Ursula” tiene, ma scricchiola. Macron scioglie l’Assemblea Nazionale e annuncia nuove elezioni. 

Exit poll e proiezioni certificano l’avanzata delle destre in Europa, ma anche un Parlamento europeo sempre più frammentato e che faticherà a trovare equilibri stabili nei prossimi cinque anni. La “grande coalizione” tra popolari (PPE), socialisti (S&D) e liberali (Renew), che ha dominato il Parlamento negli ultimi trent’anni, ne esce ridimensionata anche se mantiene la maggioranza. Tengono popolari e socialisti, scendono i liberali, crollano i verdi. 

A livello nazionale, la crescita delle destre ha già avuto la sua prima, importante conseguenza: il presidente francese Macron ha sciolto il Parlamento e annunciato nuove elezioni per il 30 giugno.  

Non è ancora chiaro quanto l’arretramento della “grande coalizione” possa mettere in discussione la ricandidatura di Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione uscente e “candidata di punta” scelta a marzo dal PPE, partito che è uscito ancora una volta maggioranza relativa da queste elezioni. Ma in ogni caso i giochi si complicano e ora gli occhi sono puntati sulle prossime tappe. Iniziano da domani negoziati serrati che dovrebbero portare prima il Consiglio europeo a giugno e poi il Parlamento europeo a luglio scegliere il nuovo Presidente della Commissione e, successivamente, i suoi Commissari.Ma dati i risultati delle elezioni europee, la tempistica potrebbe risultare diversa. 

Cariche Ue: le prossime tappe

l Consiglio europeo, ovvero i leader dei 27 paesi dell’Ue, si riunirà informalmente già il 17 giugno (appena terminato il G7 italiano) e poi formalmente il 27-28 giugno, per decidere sul nome del Presidente della Commissione. In teoria, dunque, i negoziati dovrebbero svolgersi nel corso delle tre settimane che ci separano da quella data. 

Per la nomina del Presidente della Commissione occorre che il Consiglio europeo raggiunga una maggioranza qualificata, la stessa che usa il Consiglio dell’UE (i ministri e non i leader di ciascun paese) nella procedura legislativa ordinaria: serve cioè l’assenso di almeno il 55% dei paesi europei (dunque 15 su 27) i quali rappresentino anche almeno il 65% dei cittadini dell’Unione. 

A prima vista, i leader conservatori che afferiscono al PPE sembrano in netto vantaggio: 12 capi di stato e di governo su 27 provengono infatti da partiti che fanno parte del PPE, contro 5 dei socialisti di S&D e altri 5 dei liberali di Renew Europe. Il partito della premier italiana Giorgia Meloni afferisce invece al gruppo ECR, così come quello del primo ministro ceco Petr Fiala. 

Tuttavia, la doppia maggioranza necessaria complica questi calcoli. Malgrado socialisti e liberali, insieme, contino solo 10 voti contro i 12 del PPE, rappresentano infatti ben il 55% degli abitanti dell’Unione, contro il 27% del PPE. Di nuovo, ci sarà dunque bisogno di strenue trattative per trovare un nome che soddisfi tutti i leader che fanno parte della tradizionale “grande coalizione”. 

Malgrado sia ancora troppo presto per apprezzarne appieno le conseguenze, infine, le elezioni parlamentari anticipate in Francia potrebbero avere un effetto sui tempi del negoziato. Macron resterà comunque presidente francese fino al 2027, ma nelle prossime settimane sarà impegnato in una decisiva campagna elettorale, e il Consiglio europeo si chiuderà a due giorni dal voto francese.

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