I sogni dei ragazzi tra famiglia e ius soli

CHIARA SARACENO

Sono solo l’8,7% della popolazione, una percentuale destinata a ridursi ulteriormente. Ma ciò che sono, diventeranno e faranno sarà decisivo per il futuro non solo demografico dell’Italia. Sono i 5.144.171 bambine/i e adolescenti tra gli 11 e i 19 anni, italiane/i e straniere/i, i cui pensieri, desideri, senso di appartenenza, l’Istat ha indagato nella sua ultima indagine, appunto, su bambini e ragazzi. Il primo dato che emerge è che sarebbero ancora meno se tra loro non ci fosse un 9,7% di stranieri e se, tra chi ha la cittadinanza italiana, non ci fosse un 6% che ha la doppia cittadinanza, quindi ha una provenienza.

Una ennesima conferma di quanto i fenomeni migratori, non solo siano un fatto strutturale cui non si può rispondere sempre e solo in modo emergenziale, ma anche contribuiscano a rallentare il processo di invecchiamento della popolazione e a prometterle un futuro. Per quanto riguarda il futuro demografico, la stragrande maggioranza (75%) dei giovanissimi, anche se significativamente di più tra gli italiani che tra gli stranieri e lievemente di più tra i ragazzi che tra le ragazze, pensa di formare una coppia e quasi il 70%, di nuovo più i ragazzi delle ragazze, desidera avere figli, possibilmente più di uno e possibilmente prima dei trent’anni.

Si tratta di desideri espressi da persone in una fascia di età giovane molto ampia, diversamente lontana dall’età in cui quei desideri possono realizzarsi. Tuttavia segnalano che i ricorrenti lamenti sulla perdita di attrattività della famiglia e della genitorialità per le giovani generazioni sono per lo meno esagerati e che sarebbe invece opportuno togliere gli ostacoli che spesso impediscono a quei desideri di essere realizzati una volta raggiunta l’età adulta.

Ostacoli di cui molti giovanissimi/e vedono costellato il proprio futuro in generale, visto che uno su tre, più tra le ragazze che tra i ragazzi e tra i più grandi che tra i più piccoli, tra gli italiani che tra gli stranieri, lo teme. E un 34% da grande vorrebbe vivere, lavorare, farsi una famiglia all’estero, una percentuale che supera il 38% tra gli stranieri. Un terzo dei giovanissimi/e, quindi, non vede il proprio futuro in Italia.

Quanto agli stranieri, la stragrande maggioranza di chi vuole lasciare l’Italia non desidera recarsi nel paese d’origine dei genitori, ma, come e più degli italiani, andare in un paese più accogliente, che offra maggiori opportunità. Un segnale inequivoco di come la disattenzione, la mancanza di investimenti nelle giovani generazioni, su cui invece vengono scaricati tutti i costi delle decisioni prese a favore delle generazioni più vecchie (si pensi solo all’enorme debito pubblico), stia producendo nei più giovani non tanto il gusto dell’avventura e della sfida del futuro, quanto disaffezione e sfiducia per l’Italia come paese cui consegnare il proprio futuro. Anche perché è un paese che non riesce a scardinare il peso dell’origine sociale non solo sulle chances di vita effettiva dei singoli, ma sulle stesse aspettative.

Pensare o meno di proseguire gli studi e in che tipo di scuola, tra i giovanissimi fin da piccoli appare fortemente condizionato dalla situazione socio-economica della famiglia e dal background migratorio, senza che sia possibile, per chi si trova in situazioni più difficili, vedere e pensarsi al di fuori di queste. L’indagine Istat offre anche altri approfondimenti interessanti. Uno riguarda l’uso degli strumenti digitali e dei social networks, che, tra l’altro, smentisce l’idea che chi sta molto on line ha meno contatti faccia a faccia di chi ci sta poco.

L’altro riguarda il concetto di cittadinanza e il significato di essere italiano. Non sorprendentemente, per le ragazze/i italiani la parola cittadinanza fa pensare soprattutto a comunità; per i ragazzi stranieri, con qualche differenza tra nazionalità, viene associata soprattutto a “diritti”, proprio perché non hanno accesso a tutti quelli dei loro coetanei italiani.

Quanto al significato “essere italiano”, la scelta più condivisa da più del 50% degli italiani è “essere nato in Italia”, seguito da “rispettare le leggi e tradizioni italiane”. Per gli stranieri l’ordine è inverso. Proprio perché essere nato in Italia è ritenuto importante a entrambi i gruppi, una larga maggioranza, il 58,9%, è a favore dello ius soli, contro-intuitivamente più tra gli italiani che tra gli stranieri (dove sono i ragazzi/e cinesi i meno favorevoli), oltre che molto più tra le ragazze che tra i ragazzi.

Per gli stranieri, che per oltre l’80% si sente italiano pur non essendo riconosciuto legalmente come tale, appare decisiva la possibilità di ottenere la doppia cittadinanza, non perdendo quella originaria. Per questo i cinesi, e in minor misura gli ucraini, sono più tepidi verso lo ius soli e più in generale verso l’acquisizione della cittadinanza italiana: perché i loro paesi non consentono la doppia cittadinanza. Una condizione in cui viceversa si trova un numero crescente non solo di adulti, ma anche di giovanissimi, dando forma ad una società non solo multiculturale, ma in cui una quota significativa è binazionale.

Dalla prospettiva dei giovanissimi appare così una popolazione composita non solo per condizioni legali di cittadinanza, ma per percezione della o delle proprie appartenenze, con differenze che non attraversano solo italiani e stranieri, ma sono interne agli uni e agli altri. Un altro cambiamento in atto che meriterebbe maggiore riflessione e capacità di elaborazione culturale da parte di tutti.

in “La Stampa” del 22 maggio 2024

Per saperne di più leggi il Report ISTAT del 20 maggio 2024

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