A Netanyahu e ai Capi di Hamas conviene consegnarsi. Nessuno é sopra la legge

SILVANA ARBIA, intervistata da LETIZIA TORTELLO

«A Netanyahu e agli altri imputati converrebbe costituirsi. È molto meglio sottoporsi al giudizio, che essere perseguiti e inseguiti in giro per il mondo da una Corte, che tutte le volte che si va all’estero, anche in Paesi che non riconoscono la Corte penale internazionale stessa, deve notificare che si tratta di un ricercato, che deve essere arrestato». Silvana Arbia, ex cancelliera della Cpi ed ex procuratrice presso il Tribunale Onu del Ruanda, parla di tempi piuttosto brevi, perché i giudici dell’Aja prendano la decisione che potrebbe trasformare il premier israeliano, il ministro Gallant e i tre leader politici e militari di Hamas in ricercati per crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

Bibi è in trappola? È prossimo a diventare un paria a livello globale, come Putin?

«Intrappolato, ma finché la comunità umana si organizza con delle leggi, nessuno può considerarsi al di sopra di esse. Né Netanyahu, né Biden, né nessun soldato, comandante, leader civile. Di certo, ora non è più una persona libera di muoversi come prima. Potrà andare negli Usa, che non riconoscono la Cpi, ma non in Giordania o inTunisia, o in Italia, Francia, e da altri alleati vecchi e nuovi. È senz’altro più isolato».

Si aspetta che i giudici accolgano la richiesta del procuratore Khan?

«Mi aspetto di sì. La Pre-Trial Chamber deve esaminare se i crimini in questione sono di competenza della Cpi, ed è evidente che lo sono. Poi, deve esaminare gli elementi di prova presentati dal procuratore. E deve valutare se il mandato di arresto è necessario per assicurare la presenza dell’imputato al processo (non c’è la contumacia, ndr), deve evitare che l’imputato crei ostacoli e impedisca le indagini, deve evitare la reiterazione dei crimini».

Qui c’è un problema. Crede che Netanyahu si consegnerebbe mai?

«Non credo. Ma le situazioni politiche possono cambiare, e il sostegno di cui gode oggi, pure. Si dice che qualcuno vorrebbe fare appello all’Art. 16, e attivare il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, per sospendere l’azione penale della Cpi. Questo tentativo sarebbe gravissimo e inappropriato».

Perché? Ci spieghi.

«Inappropriato, perché non si potrebbe certo dimostrare che la Corte sta agendo contro la pace e la sicurezza, uniche fattispecie accettate. E gravissimo, perché nessuno Stato può permettersi di selezionare chi imputare e chi no, secondo alleanze e influenze. Ci ha provato il Sud Sudan con Al Bashir, non se ne è fatto nulla».

Il procuratore Khan ha parlato di «intimidazioni». Avverte che agirà di conseguenza. A chi si riferisce? Agli Usa, a Israele, a chi?

«Non è accettabile che qualcuno interferisca nei lavori di una Corte che è stata sottoscritta da 123 Stati nel mondo, è sottoposta a un complesso di regole enorme e non agisce certo per istinto, e fino a prova contraria è composta da membri imparziali e che rispondono solo al diritto. Non sarebbe comunque una novità che gli Usa facessero un lavoro di lobby: potrebbero convincere altri Stati a fare resistenza. Ma nemmeno il Consiglio di sicurezza è “legibus solutus”».

La leadership israeliana, però, non riconosce la Cpi, ed è ben spalleggiata da Washington.

«La Cpi ha giurisdizione eccome sul territorio di Gaza, visto che la Palestina è uno Stato membro dal 2015. I crimini commessi da palestinesi o israeliani o chiunque altro nel territorio della Palestina, sono perseguibili. Noto il tentativo di portare avanti politiche in qualche modo contrarie alla pace, che sostengono acriticamente la posizione di Israele, ma non vi sono ragioni. Dovrebbe essere interesse di tutti gli Stati perseguire la violazione dei diritti umani. L’unica possibilità che abbiamo per una giustizia uguale per tutti è cancellare il doppio standard di un Occidente che si crede superiore».

in “La Stampa” del 21 maggio 2024

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