A due anni dall’aggressione russa è indispensabile analizzare le cause del disastro ucraino

FRANCESCO BASCONE

Il pacchetto di aiuti finalmente votato dal Congresso degli Stati Uniti salva temporaneamente le forze armate ucraine dal collasso, ma non è un game-changer: non elimina il pericolo di una sconfitta a medio termine. È sufficiente a irritare Putin (non a caso il suo vassallo Lukashenko ha nuovamente brandito la minaccia nucleare), ma non lo dissuade dal proseguire l’offensiva. Permette all’amministrazione Biden di fare la sua parte nel sostegno all’Ucraina sino alla fine dell’anno, per poi passare la staffetta agli europei nell’evenienza (tutt’altro che improbabile) di un ritorno di Trump al potere. Solo che l’industria degli armamenti europea non è in grado di tenere il passo con quella russa. La prospettiva di una sia pur ritardata vittoria della Russia e l’annessione di altre regioni ucraine ci impone di domandarci se questi sviluppi erano inevitabili, e quali errori politici e di previsione sono stati fatti.

Premesso che l’aggressione iniziata il 24 febbraio 2022 ha rappresentato una scandalosa violazione del diritto internazionale, e che l’impegno assunto da Mosca con il Memorandum di Budapest del 1994 sbarra la strada a qualsiasi tentativo di giustificazione politica, è difficile negare che l’Occidente abbia costantemente alimentato a partire dall’inizio di questo secolo il desiderio di rivalsa della Russia, pesantemente umiliata da Bush senior nel 1990.

Naturalmente è lecito ipotizzare che, presto o tardi, il revisionismo territoriale si sarebbe comunque manifestato, in particolare nei confronti delle regioni storicamente e culturalmente “russe” (Bielorussia e Ucraina orientale e meridionale) e dei nuovi Stati con consistenti minoranze russofone. Tuttavia esso poteva essere neutralizzato o mitigato dall’interesse a costruire un vero partenariato con l’Europa occidentale. Un partenariato economico, tecnologico e di sicurezza di fronte alla sfida del terrorismo di matrice islamica.

Non è stato lungimirante ricordare ai russi ad ogni piè sospinto che erano gli sconfitti della Guerra fredda, criminalizzarli perché mantenevano una insignificante base militare in Abkhazia e una in Transnistria (a costo di paralizzare i lavori dell’Osce), proclamare la superiorità morale di una presunta Alleanza delle Democrazie. Ma soprattutto estendere la Nato verso Est fino ai confini della Federazione Russa e promettere di includervi un giorno anche i suoi vicini meridionali, Ucraina e Georgia. Questo generava inevitabilmente un complesso di accerchiamento, anche se non costituiva una concreta minaccia strategica. Errori della strategia occidentale che – occorre ripeterlo? – non attenuano minimamente la condanna della Russia per l’invasione e i crimini di guerra commessi.

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