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Ue, migranti e i bambini delle scuole multietniche

ANDREA MALAGUTI

“Un giornale che è fedele al suo scopo si occupa non solo di come stanno le cose, ma di come dovrebbero essere”. Joseph Pulitzer

Come dovrebbero essere le cose, allora? Per capirlo sono tornato a scuola. Alle elementari. Un istituto per mille e rotti ragazzini a Barriera di Milano, la periferia multietnica di Torino. Via Santhià, Istituto comprensivo statale Aristide Gabrielli. Un incrocio tra il circo da banlieue di Daniel Pennac e quello ipnotico di Roman Gary. Più un maestro, Guido Barilla, che avrei voluto averlo io in terza elementare.

Ho pensato di andarci dopo che il parlamento europeo ha approvato il pomposo Nuovo Patto per l’Asilo e l’Immigrazione, una specie di marginale pasticcio rassicura-coscienze (eppure “storico” a sentire Bruxelles) che dice un sacco di cose discutibili, ma nella mia testa essenzialmente due. La prima: i migranti vanno redistribuiti, ma se un Paese non li vuole paga una quota e buonanotte. Strana idea di solidarietà da mercato delle pulci, eppure a Giorgia Meloni piace.

La seconda: anche i bambini, da sei anni in su, vanno schedati e trattenuti ai confini dell’Europa con tanto di impronte digitali e foto segnaletiche. Prima del patto-pasticcio, per trattarli come criminali in nuce bisognava che ne avessero almeno 14 di anni. Era incivile lo stesso. Ma adesso di più.

Come ha scritto Giorgia Linardi su questo giornale: «siamo di fronte ad un accordo al ribasso sulla tutela dei diritti umani, in particolare del diritto di asilo e questo perché si continua a considerare la migrazione come un’eccezione, come un’emergenza, invece di riconoscerla come un fenomeno strutturale dei nostri tempi». Mi rendo conto che soltanto a sussurrarle, certe frasi, si finisce nel calderone di quelli che «allora volete farli entrare tutti indiscriminatamente». Ma è una fesseria talmente colossale, che corro volentieri il rischio. Forte anche di una frase che mi ha detto poche settimane fa Claudio Descalzi, amministratore delegato dell’Eni, non un pericoloso comunista. In sintesi: «Parlano tutti dei rischi dell’intelligenza artificiale e pochi della vera questione che sta esplodendo sotto i nostri occhi: le grandi migrazioni dall’Africa». Per inciso, il continente che Descalzi ama di più al mondo. Puoi fare patti, pattini e comizietti acchiappa voti, ma se non pensi che le pressioni demografiche e migratorie vadano gestite con umanità per evitare che ci saltino addosso, allora sei matto.

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