Archivi tag: Scienza e fede

Rapporto tra scienza e fede. Fascino, interesse, problematicità

La questione del rapporto tra scienza e fede mantiene sempre, in ogni tempo, il suo fascino e il suo interesse, ma anche la sua problematicità. È a tutti noto, infatti, come questo tema sia stato e sia a lungo dibattuto ed abbia dato luogo a conflitti e contrasti spesso infelici da ambo le parti con conseguenze a volte gravi sia per la fede, che per la scienza. Per quanto oggi molte difficoltà siano state superate e molte incomprensioni chiarite, non è difficile cogliere nella mentalità comune della nostra gente un certo sospetto verso la scienza, da parte del mondo credente, ed un forte disagio da parte del mondo scientifico ad accettare le prospettive della fede. Storicamente tutto ciò si è cristallizzato attorno ad alcune vicende che sono appunto l’espressione di tutto ciò: i casi Galilei, Darwin, Freud, solo per fare qualche esempio.

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Fede e scienza. Un dialogo assolutamente compatibile

ROBERTO COLOMBO

Nei laboratori medici e scientifici non c’è distinzione tra laici e cattolici, tutti lavorano con lo stesso metodo. Ciò che può fare la differenza è l’orizzonte entro cui ci si orienta.

È tesi condivisa dagli storici che scienza empirica, tecnologia e medicina moderna abbiano trovato le ragioni e le condizioni culturali, sociali e politiche per la loro nascita ed il vigoroso sviluppo in Occidente proprio nel terreno ebraico-cristiano in cui sono cresciute le altre scienze e arti. Dal XVII al XX secolo, nel seno della Chiesa e delle istituzioni a essa collegate troviamo nomi della ricerca legati a capitoli decisivi per l’innovazione delle conoscenze matematiche, fisiche, biologiche e mediche: Newton, Spallanzani, Volta, Mendel, Marconi, Pasteur, Gemelli e Lejeune, per citarne alcuni. Non pochi erano anche dei consacrati.

Al di là di questa eredità cospicua (le eredità contano, e il loro contributo non può essere liquidato dai successori come questione sentimentale, con una lapide alla memoria), cosa resta oggi della cultura cattolica e della presenza dei cattolici lì dove lavorano ricercatori e medici, si progettano studi sperimentali e clinici, e si autorizzano e finanziano investigazioni scientifiche e nuove strutture sanitarie? Lo sguardo originale della fede sull’uomo, il mondo e il bene fondamentale della vita umana individuale e sociale, il proprium della cultura cattolica, è ancora visibile e incisivo dove si fa ricerca, insegnamento, sviluppo tecnologico, diagnosi, terapia e cura? Non mancano credenti, parecchi anche giovani, tra i ricercatori, i docenti universitari, i tecnologi, i medici e altri professionisti. Frequentatori delle messe, membri di consigli pastorali, associazioni e movimenti ecclesiali, non pochi sono educatori in oratori ed attivi nel volontariato e in istituzioni cattoliche. Sono diaconi o ministri straordinari dell’Eucaristia. Donne e uomini di fede. Mogli, mariti, genitori e figli bravi e apprezzati. Qualcuno sulla via della santità.

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“Dio, la scienza, le prove. L’alba di una rivoluzione”

GIUSEPPE TANZELLA-NITTI

Da alcuni mesi un libro pubblicato in Francia nel 2021, tradotto poi in spagnolo e in italiano, sta facendo parlare di sé. Il fenomeno mediatico e commerciale c’è tutto. Oltre 300.000 copie vendute, ai primi posti delle classifiche di Amazon e di altri internet bookshop con un “indice di gradimento” degli utenti Google vicino al 90%. Le grandi testate giornalistiche hanno reagito prima con prudenza ed esitazione, poi alcune di esse hanno preso decisamente posizione, a favore o contro. La rivista francese La Croix ha dedicato non meno di 6 articoli, con cadenza quasi settimanale, a criticarne violentemente il contenuto, come ha fatto Le Figaro. Altri organi di stampa lo hanno lodato, altri ancora vi si sono riferiti in modo indiretto, ospitando dibattiti. Quale la ragione di queste variopinte reazioni e, soprattutto, qual è la ragione del suo successo commerciale? Stiamo parlando di Dio, la scienza, le prove. L’alba di una rivoluzione, firmato da Michel-Yves Bolloré e Olivier Bonnassies, un ingegnere imprenditore e uno studioso con diplomi in discipline tecniche e in teologia. Proverò anch’io a rispondere a queste domande, partendo dal suo titolo. Non è mia intenzione commentare o recensire il contenuto del libro, ma soffermarmi sul fenomeno. Lo farò sviluppando brevemente due considerazioni: a) perché un libro che desidera provare Dio attraverso la scienza riscuote tanto successo; b) perché il tema affrontato provoca reazioni accese e fortemente dialettiche, almeno a giudicare dai titoli delle recensioni pubblicate.

La prima considerazione è immediata: il tema di Dio interessa, e interessa ancora di più quando a “Dio” si accosta la “scienza”, ritenuta dall’opinione pubblica uno dei principali fattori di non credenza, a ragione o a torto. I sociologi della religione collocano questo fattore al primo posto fra i laureati con meno di 40 anni, mentre è il problema del male ad essere il principale ostacolo per credere in Dio fra le persone di maggiore età. Gli autori del libro mostrano che, quando si lasciano parlare i suoi protagonisti, la scienza suscita grandi domande, si interroga, cerca di capire se c’è qualcosa o qualcuno che regga il mondo. In fondo tali domande la scienza le ha sempre suscitate, ma forse lo avevamo dimenticato. Il grande pubblico apprezza che qualcuno gli parli di Dio, anche per capire se possiamo crederci ancora o se siamo diventati troppo adulti per farlo. Il tema di Dio non sembra più trovare spazio dove eravamo abituati a incontrarlo. Se di Dio non parlano i filosofi, i romanzieri, gli artisti e – chiedo venia – i sacerdoti, allora ce ne parlano gli scienziati.

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La domanda su Dio fra fede e scienza: alcune istruzioni per l’uso

GIUSEPPE TANZELLA-NITTI, Ordinario di Teologia, Direttore del Centro di Ricerca DISF

La domanda su cosa o Chi possa aver dato origine al mondo nel quale abbiamo aperto gli occhi, ha accompagnato il genere umano fin dai suoi albori. E continua ad accompagnarlo. Non potrebbe essere altrimenti. Appena il volume della musica scende e facciamo un po’ di silenzio, questo interrogativo emerge fino a coinvolgere un vocabolo che ogni lingua possiede e che noi indichiamo con il termine dio. Un nome comune, non un nome personale.

Se accanto al vocabolo Dio (qui con maiuscola) poniamo un termine di grande influenza mediatica, oltre che oggettiva, come il termine scienza, l’interesse cresce enormemente. E crescerà ancora di più se ci chiedessimo se la scienza, dell’esistenza di Dio, potrebbe fornirci qualche prova

Non sorprende allora – lo mostra facilmente una ricerca in rete – che la domanda se “la scienza possa provare l’esistenza di Dio” continui a riscuotere un notevole successo, anche in un clima culturale piuttosto restio alle grandi questioni filosofiche. A questa domanda occorre però rispondere in modo attento: sia perché abbiamo a che fare con parole che possono acquistare significati diversi, sia perché, a seconda del modo in cui “componiamo” questi significati, potremmo dirigerci verso conclusioni perfino contrastanti.

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Dibattito sull’esistenza di Dio. Scienza e Fede

CARLO ROVELLI (Scienziato) – GIUSEPPE TANZELLA-NITTI (Teologo)

Quando a metà del secolo scorso cominciò a essere chiaro che l’universo che vediamo è emerso da una grande esplosione circa 14 miliardi di anni fa, ci fu chi cercò di leggere in questa scoperta di carattere prettamente scientifico una conferma dei racconti della Genesi . Dopo una breve tentazione iniziale, la Chiesa cattolica resistette saggiamente alla tentazione di cadere in questo sciocco equivoco. Oggi la scienza esplora la possibilità che l’Universo possa essere esistito anche prima del Big Bang. Se teologi o papi avessero preso sul serio l’idea che il Big Bang fosse la Creazione della Genesi , si troverebbero ora in grande imbarazzo, nel dover rendere conto di un universo fisico prima della Creazione. Come ci ripetono all’unisono i migliori scienziati e i migliori teologi, cercare prove per le verità della Fede nella scienza è una sciocchezza. Su ben altri livelli può svolgersi un dialogo proficuo fra le diverse forme del nostro pensiero o della nostra spiritualità.

Ma le sciocchezze tendono a ripetersi. Recentemente, va di moda un presunto argomento scientifico che intenderebbe fornire le prove dell’esistenza di Dio. A detta di alcuni, certi risultati in fisica e cosmologia mostrano che l’universo che vediamo debba emergere da un «disegno intelligente». Proviamo a riassumere alcuni passi di questo argomento. L’argomento parte da un’osservazione corretta. La descrizione del mondo fisico elaborata durante gli ultimi due secoli si basa su alcune equazioni, dove compaiono certi numeri, chiamati «costanti fisiche», come la massa delle particelle elementari o la costante cosmologica. Queste costanti sono state misurate sperimentalmente, e fanno parte della attuale descrizione fisica di base del mondo. Non sappiamo perché abbiano i valori che hanno. Forse un domani la scienza permetterà di calcolarle a partire da qualche teoria più fondamentale, come è successo per esempio per le costanti che descrivono le proprietà degli elementi chimici, che ora sappiamo dedurre dalla meccanica quantistica, ma per ora le prendiamo come fatti del mondo.

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Teologia. Post-Teismo: Dio non è la risposta, è la domanda

SERGIO PARONETTO

Il ripensamento post-teista della fede alla luce delle scienze moderne solleva temi mportanti orientati ad affermare una nuova idea di Dio. L’argomento, come si dice, è vasto e complesso da far tremare le vene e i polsi. Possiamo solo balbettare. Davanti a una questione così grande, mi sembra decisivo non chiudere mai la ricerca (antropologica, filosofica, teologica, scientifica), non fermarsi su nuovi concetti di Dio ritenuti più credibili col rischio di produrre nuovi dogmi vincolati a una visione scientifica considerata conclusiva. La fede, come la scienza, è sempre itinerante, aperta all’inedito, intrecciata alla “meraviglia” come radice della sapienza. Non offre risposte definitive. Ama la fecondità del dubbio. Coltiva l’intelligenza della domanda.

Tradizione e tradizioni

Occorre, certo, superare la vecchia tradizionale immagine di Dio, proposta da larga parte del cristianesimo “ufficiale”, lontana dal dinamismo del pensiero umano. Ma ciò si può fare anche recuperando e sviluppando quanto nella stessa tradizione cristiana era stato più volte immaginato (anche se inizialmente rifiutato o addomesticato). Ne ha scritto a lungo Matthew Fox nel libro In principio era la gioia dove elenca le varie teologie o forme di spiritualità fiorite lungo i secoli. Le colloca da un lato nella spiritualità della caduta-redenzione, dall’altro nella spiritualità del creato. Molto spazio viene dato, ovviamente, alle visioni dei mistici e delle mistiche prima, durante e dopo il Medioevo, tra i quali Eckhart, Cusano, altri o altre fino a Teilhard de Chardin e alle teologie della liberazione.

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Ragione e Fede – Ratio et Fides

PAUL VAN GEEST

Nella lettera inviata ai membri della Pontificia accademia di teologia, il nuovo presidente, monsignor Antonio Staglianò, ha scritto chiaramente che la teologia come disciplina scientifica sta diventando sempre più marginale nell’odierna società a impronta tecnoscientista. Solo la conoscenza ottenuta attraverso la misurazione, il test e la verifica è considerata importante in questi tempi. Poiché le norme scientifiche della teologia sono diverse da quelle, a esempio, della meccanica quantistica o dell’astrofisica, la teologia corre il rischio di diventare un hortus conclusus all’interno del mondo accademico. Questo isolamento ostacola la cooperazione interdisciplinare tra teologi e altri scienziati, che è esattamente ciò che Papa Francesco auspica in Veritatis gaudium. Staglianò sostiene quindi una teologia che parta dalla storia comune degli esseri umani, dalle situazioni concrete in cui vivono ogni giorno, per interpretarle “alla luce del Vangelo”, come storia della salvezza (cfr. Gaudium et spes, 44 e 46).

Di fatto, la collaborazione interdisciplinare tra teologi ed economisti, auspicata nella Veritatis gaudium, può essere significativa e arricchente per l’economia come disciplina scientifica. Lo dimostrano la ricerca e l’insegnamento dell’Erasmus Economics and Theology -Institute (www.eur.nl/en/eeti/about-eeti). Qui vengono sollevati dubbi sulla validità del modello dell’homo œconomicus. Anche se gli economisti non sostengono che la realtà corrisponda perfettamente al suo modello, hanno però basato le loro teorie su di esso. L’economista e matematico Vilfredo Pareto ha contribuito a creare le basi per lo sviluppo dell’homo œconomicus. Il criterio di Pareto sostiene che la ricchezza generale aumenta solo se l’aumento di ricchezza dei vincitori è sufficiente a compensare anche i perdenti. Ciò implica la matematizzazione dell’allocazione delle risorse e, per estensione, la matematizzazione dell’economia come disciplina scientifica. Per quanto nobili fossero le intenzioni di Pareto, questo criterio ha implicitamente concepito gli esseri umani come esseri dotati di preferenze coerenti e capacità cognitive illimitate, che agiscono sempre per interesse personale e con uno scopo. L’homo œconomicus ha solo due obiettivi: la massimizzazione del reddito monetario e la crescita quantitativa della produzione.

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