BRUNO FORTE
1. Il bisogno diffuso di dialogo. Il conflitto al cuore dell’Europa, generato dall’aggressione della Russia di Putin all’Ucraina sta coinvolgendo sempre più l’intero “villaggio globale”, mostrando con evidenza quanto ci sia bisogno oggi di dialogo: dalla crisi non si uscirà se non insieme. Dialogare, però, non è facile: può farlo veramente solo chi crede in un interesse superiore alle parti, nel bene comune da amare e servire più del proprio o di quello di gruppo. Riflettere sulle condizioni che rendono possibile e autentico il dialogo non è allora un esercizio astratto, risulta anzi tanto importante, quanto urgente.
Il dialogo comporta sempre una sorta di uscita da sé, dalle ristrettezze del proprio punto di vista, per arrivare alla condivisione e all’incontro con l’altro: a tutti i livelli, il dialogo è il linguaggio della vita vissuta come dono e come impegno, e perciò il luogo dove propriamente può realizzarsi la ricerca del bene comune. Dove non c’è impegno generoso per gli altri non potrà esserci dialogo; e, analogamente, dove non c’è ascolto reciproco e dialogo è dubbio che possa esserci attenzione adeguata al bene di tutti e al superamento dei conflitti. Si potrebbe rischiare l’affermazione che la capacità di dialogo è la misura dell’autenticità della vita, della ricchezza di umanità di ciascuno e della credibilità delle proposte fatte per il bene comune. Perciò, nulla si oppone di più alla natura del dialogo che la strategia o il tatticismo: dove il dialogo è strumento per dominare l’altro o per usarlo ai propri fini, lì cessa di esistere. Il dialogo ha la dignità del fine e non del mezzo: esso esige la gratuità dell’intenzione e si propone come una possibilità feconda d’incontro che nasce dalla volontà di servire la causa del bene di tutti.
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