ENZO BIANCHI
Tra facile fatalismo e apatica rassegnazione, negli ambienti ecclesiali si ripete come un refrain l’espressione: «dopo il covid la partecipazione alla messa è dimezzata». Si ha l’impressione che attribuendo alla pandemia il crollo nella partecipazione al rito religioso per eccellenza in Italia, la cosiddetta “Santa Messa”, si vogliano ignorare o ancor peggio negare le sue reali cause ormai da tempo in atto e, al tempo stesso, rinunciare ad assumersi le responsabilità di fronte a un fenomeno così religiosamente devastante e socialmente rilevante.
Che riversare la colpa sul lockdown sia un alibi e una scusa ora lo dimostra scientificamente anche uno dei più noti e autorevoli sociologi della religione, Luca Diotallevi, ordinario di Sociologia presso l’Università di Roma TRE. Nel saggio La messa è sbiadita. La partecipazione ai riti religiosi in Italia dal 1993 al 2019, edito da Rubbettino, l’autore mostra che se si osservano i valori relativi alla partecipazione ai riti religiosi presentati dalla grande rivelazione annuale dell’ISTAT per gli anni 2015-2021, si deve costatare che la regressione alla partecipazione alla messa domenicale era già in atto da anni.
Dati alla mano, il sociologo di Roma Tre mostra ciò che da tempo tutti costatano: il crollo verticale della partecipazione alla messa della domenica. Si è passati dal 37,3 % della popolazione adulta nel 1993 al 23,7 del 2019. I giovani che dichiarano di frequentare sono l’8 % e gli adolescenti il 12 %. Nel 2019 le donne maggiorenni che dichiarano una pratica almeno settimanale sono ancora più degli uomini: il 28,7 % delle prime contro il 18,3 % dei secondi. Tuttavia il dato da evidenziare è che nel caso delle donne si è perso quasi il 40% del valore registrato nel 1993 e nel caso degli uomini poco più del 30%.
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