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Sociologia. Hervieu-Léger: «Secolarizzazione non è l’ultima parola»

DANIELE ZAPPALÁ

Per la sociologa delle religioni «è falsa la conclusione secondo cui il calo della pratica religiosa in Europa, in particolare di quella cattolica, coincide con un calo dei fedeli»

«Dopo quasi mezzo secolo d’indagini, ciò che mi colpisce di più nello studio delle religioni, personalmente, è quanto esse siano importanti per chi vi aderisce. Vi sono poste in gioco sociali prese in considerazione solo all’interno della religiosità, senza dimenticare le immense logiche simboliche e culturali ereditate e ancor oggi all’opera». A parlare è la sociologa francese delle religioni Danièle Hervieu-Léger, specialista di fama internazionale e già presidente a Parigi della prestigiosa École des Hautes études en sciences sociales, che lunedì 4 dicembre aprirà l’evento “Nuovi approcci sociologici alle religioni” della Scuola di Alta Formazione in Sociologia della Religione dell’Università Roma Tre.

Nella sua disciplina, l’evocazione dell’oggetto di studio oscilla da sempre fra il singolare — la religione, il fatto religioso — e il plurale. Queste due opzioni esprimono approcci di fondo diversi?

Personalmente, tendo a non parlare di fatto religioso al singolare, perché sottintende un’essenzializzazione di ciò che è religioso. Ritengo invece che tutto ciò sia sempre iscritto in delle realtà storiche estremamente diverse. Preferisco dunque il plurale. Inoltre, il singolare si avvicina al postulato di una dimensione naturale presente in tutte le società umane e ciò, a mio parere, rischia di falsare l’approccio. Per le scienze sociali, conta innanzitutto rendere conto della diversità delle configurazioni storiche dei fenomeni religiosi nelle società. Per quanto mi riguarda, la questione al centro dei miei studi da quasi mezzo secolo è la relazione fra la modernità e le religioni.

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