MARCO CAPPELLI, intervistato da LUCIA BELLASPIGA
Grazie a un pugno di rozzi barbari l’impero romano si salvò, tornando all’antico vigore dopo 50 anni di caduta libera verso la dissoluzione. Avveniva a metà del III secolo dopo Cristo, quando decenni di anarchia militare avevano prodotto una serie di “imperatori” durati pochi mesi, invariabilmente assassinati dai loro stessi soldati. Incursioni, pestilenze, inflazione e imperatori deboli sul trono fecero il resto, sprofondando l’impero verso l’abisso. «Non stiamo parlando del 476, l’anno della caduta definitiva di Roma, ma di duecento anni prima: questa volta poi Roma se la cavò, appunto per un pugno di barbari geniali», spiega Marco Cappelli, divulgatore storico e autore di “Storia d’Italia”, seguitissimo podcast che racconta secoli di vicende tra colpi di scena e verve narrativa, come ha fatto ieri al Festival èStoria di Gorizia, riassumendo le 474 pagine del suo saggio intitolato appunto “Per un pugno di barbari” (ed. Solferino).
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Cos’è la “crisi del III secolo” e perché è poco ricordata?
È il confine tra chi ama l’antichità e chi non ama quello che viene dopo. La discontinuità con il periodo precedente infatti è tale da rendere irriconoscibili i romani del “tardo impero”. In sostanza Roma è colpita da una crisi talmente esistenziale che cambia tutto, dal modo di vestire a ogni aspetto della vita quotidiana. Basti dire che i romani del tardo impero portano i pantaloni, infatti noi non li rappresentiamo mai così perché non ci sembrano romani. Avevano scoperto i pantaloni dai Galli e li avevano trovati comodi e caldi. Cambia anche il modo di combattere: i romani erano persone molto pratiche, pronte ad adeguarsi alle nuove necessità quando qualcosa non funzionava più, così passano alle “spathae” (da cui il termine spada), lance lunghe e di taglio, al posto del gladio che era di punta, il che permette di tenere una distanza maggiore dal nemico. Cambierà a breve anche la religione e questa sarà la discontinuità più importante: prima della crisi del III secolo resistevano i classici dèi pagani, ma ora l’impero si avvia a diventare cristiano (lo farà nel giro di pochi anni con Costantino), e allora muta anche l’aspetto delle città, con le cattedrali cristiane, costruite in periferia, il foro perde di importanza. Insomma, la crisi del III secolo è causata da una serie di fattori a effetto domino, che si rafforzano l’uno con l’altro.
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