ROMANO PRODI
Da oltre vent’anni le migrazioni costituiscono uno dei problemi più importanti, se non il più importante, della politica interna di ogni Paese europeo. La così detta convenzione di Dublino, che affronta la realtà migratoria, è stata firmata quando il diritto d’asilo e la protezione internazionale non erano così prioritari. Essa si limita quindi a imporre solo sulle spalle del Paese di arrivo l’obbligo dell’assistenza dei migranti sul suolo europeo. Da allora nulla è cambiato nella legislazione, mentre tutto è cambiato nella realtà delle cose.
Il flusso dei migranti dal sud è progressivamente cresciuto e le guerre di Iraq e Siria ne hanno moltiplicato l’arrivo sulle coste italiane, greche e spagnole, mentre la sciagurata guerra di Libia ha aumentato il numero di trafficanti che lucrano sul commercio umano, con le autorità libiche che si dimostrano impotenti a controllare il fenomeno, quando addirittura non hanno partecipato a favorirlo. Da qui la continua crescita dei flussi migratori, il perpetuarsi delle quotidiane tragedie umane, il crescente ruolo dei trafficanti e l’impotenza della politica. Solo la Germania, dopo una drammatica emergenza, ha potuto arginare i siriani e gli iracheni in fuga dal loro Paese, ottenendo che essi fossero, e tuttora siano, bloccati dalla Turchia in cambio di cospicui versamenti di denaro. Questa asimmetria di situazioni fra Paesi del sud e Paesi del nord Europa ha sempre impedito la necessaria revisione della convenzione di Dublino, moltiplicando i problemi politici, economici e sociali di tutte le nazioni del Mediterraneo e minando profondamente il concetto di solidarietà europea.
In questo campo così delicato non si è assistito, almeno fino ad ora, ad alcun sostanziale miglioramento, nonostante le ripetute proposte della Commissione e del Parlamento Europeo. Mentre la situazione libica rimane ancora piena di incertezze, la crescita demografica, le difficoltà economiche e l’avanzata del terrorismo in tutto il Sahel (con prospettive davvero drammatiche) spingono ad un progressivo aumento del numero di disperati in fuga verso l’Europa. Disperati che non arrivano solo dai Paesi a Sud del Sahara, perché ad essi si sono aggiunti, e si aggiungono ancora, rifugiati provenienti dal Corno d’Africa, da diversi Paesi asiatici, oltre che, naturalmente, dalla Siria e dall’Iraq.
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