LEONARDO BECCHETTI
Nell’era della crisi demografica, dello smart working e dell’intelligenza artificiale sono e saranno sempre di più i lavoratori (con le opportune competenze) e non i posti di lavoro a diventare scarsi. Il lavoro aumenterà ma il rischio è che molto di esso sarà ancora povero, precario e sfruttato.
L’ultima rivoluzione tecnologica, quella dell’intelligenza artificiale, sta rendendo sempre più Schumpeteriano l’orizzonte del sistema economico. Il tasso di distruzione e creazione di nuovi posti di lavoro, e persino di nuovi settori, accelera pesantemente. È per questo motivo che la politica del lavoro numero uno diventa quella della formazione continua e della riqualificazione di lavoratori, disoccupati ed esodati e che il diritto alla formazione va garantito nei contratti sindacali, profittando degli incentivi messi a disposizione su questa partita dai fondi europei.
Il mismatch (la compresenza di posti di lavoro vacanti e disoccupati) è e sarà l’altra grande caratteristica del mercato del lavoro del futuro. In Italia in questo momento ci sono centinaia di migliaia di posti di lavoro vacanti, mancano, tra l’altro, più di 50mila infermieri, tecnici nel green e nel digitale. La distanza tra disoccupati e posti di lavoro vacanti non è geografica ma di competenze e dunque formazione e riqualificazione sono ancora una volta centrali. I lavoratori italiani, in uno scenario demografico dove i baby boomer iniziano ad andare in pensione e non sono sostituiti da classi di giovani altrettanto numerose, non bastano e non basteranno. Per questo la proposta di introdurre il modello tedesco di formazione professionale per i richiedenti asilo (a carico prevalentemente delle imprese che lo farebbero volentieri) è un’ottima proposta.
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