Archivi tag: Le vie della pace

Andare oltre la guerra: una riflessione filosofica e teologica

GIADA AQUILINO

Da più di un anno e mezzo, dopo l’invasione russa dell’Ucraina, «la pace è tornata a sembrare una chimera nell’opinione di molti». L’introduzione a Oltre la guerra. Le vie della pace tra teologia e filosofia (Torino, Effatà Editrice, 2023, pagine 156, euro 15), scritto a quattro mani dal filosofo Roberto Mancini e dal teologo Brunetto Salvarani, porta subito alla questione: «Dichiarare impossibile la pace è già un gesto che equivale ad abdicare alla nostra umanità». Lo è probabilmente ancora di più in questi giorni, quando nuove ombre si addensano sugli equilibri mondiali, dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre e le operazioni israeliane a Gaza.

I due autori partono da un concetto espresso dal teologo luterano tedesco Dietrich Bonhoeffer nel 1934: «Esistono cose per le quali vale la pena impegnarsi senza compromessi. E a me pare che la pace e la giustizia sociale, o precisamente Cristo, siano una di queste». Mancini e Salvarani scrivono un testo con due prospettive: nella prima, teologica, «lo sforzo è di mostrare come il grande codice biblico affronti la questione della pace e della guerra con uno sguardo plurale, complesso, non sempre facile da decifrare a una prima lettura e bisognoso di non cedere a facili moralismi»; nella seconda, la filosofia «viene chiamata a riattivare le coscienze in primo luogo proprio rispetto a un confronto, necessario e ineludibile, su pace e guerra» nella convinzione che la prima «prevenzione sia l’umanizzazione» del nostro agire.

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“Vogliamo scegliere la via della pace. Combattiamo la pandemia della guerra”

MATTEO ZUPPI – englishcastellanodeutschfrançaisportuguêsnederlands

Riportiamo di seguito il discorso pronunciato dal card. Zuppi in occasione della manifestazione internazionale e interreligiosa per la pace, organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio, svoltasi a Roma dal 23 al 25 ottobre 2022 con la partecipazione anche del Presidente della Repubblica Francese Emmanuel Macron e conclusasi al Colosseo alla presenza di papa Francesco.

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Desidero ringraziare la Comunità di Sant’Egidio per questa tela di dialogo della quale non finiamo di stupirci perché affatto scontata. È una tela che con l’artigianato paziente della pace la Comunità continua a tessere in un mondo lacerato e così poco capace di pensarsi spiritualmente insieme. È una tela resistente, che unisce credenti di fede diverse, che spesso si sono combattute e che ancora oggi parlano con difficoltà, laici e umanisti. E’ una tela che permette a tanti di scegliere la pace e il dialogo. E anche questo non è poco. Nessuno qui è disoccupato nell’impegno per la pace. La pace è affare troppo importante per essere di qualcuno e ci riguarda tutti. Qui si ricompone quel bellissimo disegno che la violenza e la guerra distrugge. Ogni filo di colore capisce il suo significato proprio solo disponendosi accanto all’altro e l’arte del dialogo – arte di vivere e vivere è arte del dialogo e il dialogo è l’arte di Dio – è proprio questa: metterci insieme per realizzare il disegno magnifico dell’umanità in pace perché Dio ci ha creato diversi non per combatterci o vivere come isole ma per amarci e scoprire chi siamo mettendoci accanto all’altro, scoprendo così la sua e la mia bellezza e utilità. 

Ogni anno questa tela acquista sempre tanti nuovi significati, a volte purtroppo tragici. Il grido della pace nasce perché siamo raggiunti dal grido drammatico della sofferenza, a volte fortissimo e tenerissimo come il pianto di un bambino o chiuso nelle ferite profonde del cuore quelle che durano per sempre. È il grido di aiuto e protezione emesso dal pianto, dal lamento grande di ogni Rachele che piange i suoi figli e non vuole essere consolata, perché non sono più (Ger. 31,15). Ecco perché siamo qui: per tutte le vittime che affidano il loro testamento che è la loro stessa vita. Tutte esse volevano e vogliono vivere ed avevano e hanno il diritto di vivere. Siamo qui per le lacrime – che sono sempre uguali per tutti – che scesero dalle loro guance e scendono da chi è sopravvissuto. “Dio conta i passi del nostro vagare e raccoglie le lacrime nel suo otre, le scrive nel suo libro”, recita il Salmo (Ps 56, 9) e noi siamo qui perché questo otre di lacrime, spesso osservato con indifferenza o colpevole incapacità dagli uomini, chiede di essere asciugato dalla pace.

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Papa Francesco: Dialogo fra generazioni, educazione e lavoro per una pace duratura

Papa Francesco – MESSAGGIO PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE – [DE – EN – ES – FR – IT – PL – PT – RU]

1. «Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace» (Is 52,7).

Le parole del profeta Isaia esprimono la consolazione, il sospiro di sollievo di un popolo esiliato, sfinito dalle violenze e dai soprusi, esposto all’indegnità e alla morte. Su di esso il profeta Baruc si interrogava: «Perché ti trovi in terra nemica e sei diventato vecchio in terra straniera? Perché ti sei contaminato con i morti e sei nel numero di quelli che scendono negli inferi?» (3,10-11). Per questa gente, l’avvento del messaggero di pace significava la speranza di una rinascita dalle macerie della storia, l’inizio di un futuro luminoso.

Ancora oggi, il cammino della pace, che San Paolo VI ha chiamato col nuovo nome di sviluppo integrale[1] rimane purtroppo lontano dalla vita reale di tanti uomini e donne e, dunque, della famiglia umana, che è ormai del tutto interconnessa. Nonostante i molteplici sforzi mirati al dialogo costruttivo tra le nazioni, si amplifica l’assordante rumore di guerre e conflitti, mentre avanzano malattie di proporzioni pandemiche, peggiorano gli effetti del cambiamento climatico e del degrado ambientale, si aggrava il dramma della fame e della sete e continua a dominare un modello economico basato sull’individualismo più che sulla condivisione solidale. Come ai tempi degli antichi profeti, anche oggi il grido dei poveri e della terra [2] non cessa di levarsi per implorare giustizia e pace.

In ogni epoca, la pace è insieme dono dall’alto e frutto di un impegno condiviso. C’è, infatti, una “architettura” della pace, dove intervengono le diverse istituzioni della società, e c’è un “artigianato” della pace che coinvolge ognuno di noi in prima persona. [3] Tutti possono collaborare a edificare un mondo più pacifico: a partire dal proprio cuore e dalle relazioni in famiglia, nella società e con l’ambiente, fino ai rapporti fra i popoli e fra gli Stati.

Vorrei qui proporre tre vie per la costruzione di una pace duratura. Anzitutto, il dialogo tra le generazioni, quale base per la realizzazione di progetti condivisi. In secondo luogo, l’educazione, come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo. Infine, il lavoro per una piena realizzazione della dignità umana. Si tratta di tre elementi imprescindibili per «dare vita ad un patto sociale», [4] senza il quale ogni progetto di pace si rivela inconsistente.

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