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I Vescovi pugliesi ai Capi di Stato del G7: «Serve speranza, siate audaci!». Lettera aperta.

I VESCOVI DI PUGLIA

In occasione del vertice del G7 che si tiene a Borgo Egnazia, nel comune di Fasano in Puglia, da giovedì 13 a sabato 15 giugno, e al quale interverrà anche Papa Francesco, i Vescovi della Chiesa Cattolica di Puglia hanno scritto una lettera aperta ai Capi di Stato dei Paesi del Gruppo, Italia, Canada, Francia, Germania, Giappone, Regno Unito, Stati Uniti d’America. Ecco il testo del messaggio.

«C’è bisogno di Speranza, siate audaci!»

Nella consapevolezza della portata storica di questo evento che vi vede ospiti nella nostra terra, desideriamo porgere il nostro benvenuto insieme a quello di tutte le comunità ecclesiali di Puglia. Ci rallegra sapervi insieme al nostro caro Pontefice, Papa Francesco, che salutiamo con gioia e amore di figli. Anche per questo è un evento storico.

Due immagini ci piace consegnarvi alla vigilia dell’incontro di cui siete protagonisti in questa bella terra di Puglia: quella dell’ulivo e quella dei muretti a secco delle nostre campagne.

La prima, scelta dal Governo italiano, dice la forza e il radicamento secolare di una natura che ha da sempre costituito la ricchezza di questa parte d’Italia. La seconda racconta la paziente e operosa interazione dell’umano con quanto l’ambiente ha saputo donare per la crescita e il sostentamento di ciascuno.

Due immagini simboliche ed efficaci che, al di fuori di ogni retorica, provocano nell’intimo e aiutano a cogliere la bellezza e la storia di un popolo, quello pugliese, che ha saputo fare di questa terra uno spazio accogliente da vivere nell’armonia della fraternità, aperto alle culture e ai popoli.

Come Pastori della Chiesa Cattolica, cogliamo l’importanza del Vostro incontro come opportunità per segnare un nuovo passo che migliori l’esistenza dell’intera umanità.

A voi, che siete responsabili della vita di tanti, chiediamo con accorata forza il coraggio di non retrocedere dinanzi alle sfide del momento che vedono nella Pace e nella Crescita Sostenibile le coordinate imprescindibili di un cambio di paradigma, di cui tutti avvertiamo la necessità.

Questa nostra terra di Puglia, con la sua millenaria cultura civile e religiosa, esprime da sempre la vocazione a essere ponte tra i popoli del Mediterraneo, “arca di Pace e non arco di guerra”, spazio di accoglienza e inclusione e non frontiera inaccessibile e inospitale.

I problemi della nostra gente sono le fatiche dell’umanità. Ai nostri giovani manca il futuro che noi adulti abbiamo rubato loro. Abbiate a cuore il bene di tutti, sapendo valicare i confini del presente e gli interessi di parte.

C’è bisogno di Speranza, siate audaci!

Aprite varchi alla giustizia sociale, a una reale e fattiva custodia del creato, alla salvaguardia dell’umano, sapendo garantire a tutti l’accesso universale ai servizi essenziali per una vita che sia dignitosa per ciascuno. Siate audaci nel cercare e promuovere la Pace per tutti. I profumi della terra, il sapore dei cibi che gusterete, la bellezza del cielo e lo sguardo aperto sul mare allietino i Vostri giorni e diano slancio ai Vostri cuori.

Nelle nostre celebrazioni non manca la preghiera per le Autorità civili di ogni ordine e grado. In questi giorni pregheremo particolarmente per voi e per il bene dell’umanità tutta.

I Vescovi della Chiesa Cattolica di Puglia

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Lo sviluppo umano integrale di fronte alle sfide della globalizzazione

MARCO CASELLI – CLAUDIA ROTONDI

Concetto cardine nella riflessione delle scienze sociali a partire dal secondo dopoguerra, lo sviluppo è stato sovente identificato con la mera crescita economica. Tale visione riduzionistica risulta ormai superata da quella che sottolinea la necessità di porre al centro dei processi di sviluppo la persona con i propri bisogni – non solo materiali – e le proprie aspirazioni.

A key-concept in social sciences since WWII, development has often been identified merely with economic growth. This reductionist view has now been superseded by one that emphasises the necessity to place the person with his or her own needs – not just material one – and aspirations at the centre of development processes.

Oltre la crescita economica

La riflessione che ha condotto all’emergere e all’affermarsi dell’idea di sviluppo umano nasce dalla crescente insoddisfazione per un concetto di sviluppo coincidente con la mera crescita economica.

In particolare a partire dal secondo dopoguerra, quando le esigenze della ricostruzione postbellica e l’avvio dei processi di decolonizzazione lo rendono un tema centrale e urgente del dibattito pubblico internazionale, economisti e decisori politici tendono ad assimilare lo sviluppo alla crescita economica utilizzando per la sua misurazione lo strumento del Prodotto interno lordo (Pil), indicatore il cui incremento viene considerato un indiscutibile metro di giudizio del successo di qualsiasi strategia economica, se non della politica tout court. Il benessere sociale e individuale non è in quest’ottica considerato un obiettivo in sé, ma piuttosto una conseguenza automatica della crescita economica, secondo quello che viene definito l’effetto trickle down.

Questa visione riduzionistica comincia tuttavia a essere messa in discussione già a partire dagli anni ’60 del secolo scorso, anzitutto perché le evidenze empiriche segnalano il sussistere di povertà e disuguaglianza anche a fronte di una crescita del Pil. Si fa pertanto strada la convinzione che lo sviluppo si debba associare a cambiamenti anche nelle strutture sociali, non solo in quelle economiche.

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“Bonus bebè ai figli di immigrati”. In Italia non esistono più bambini di serie A e serie B

MAURIZIO AMBROSINI

La Consulta: bonus bebè ai figli di lavoratori immigrati. La sentenza di ieri, 12 gennaio 2022, della Corte Costituzionale sul bonus bebè è una bella notizia. Anche sul colle più alto di Roma (Palazzo della Consulta è proprio accanto al Quirinale) c’è un giudice, viene da dire. Non perché ha allargato i ‘diritti degli immigrati’, ma perché consente alla società italiana nel suo insieme di fare un passo avanti nel senso del consolidamento dei diritti dei bambini e della coesione sociale che giova al Paese intero.

Secondo le norme italiane vigenti, i figli di immigrati che non sono ancora in possesso di un permesso di lungo-residenti, il 45% del totale, non avevano diritto al sostegno dello Stato. Se si pensa all’incidenza della povertà tra gli immigrati, non è difficile dedurre che molti di questi bambini sono stati consegnati a una condizione d’indigenza, e i loro genitori a sopportare sacrifici accresciuti per poterli accogliere.

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Protezione alle vittime di sfruttamento lavorativo in agricoltura e contrasto al caporalato. Linee guida

INAPP – Comunicato stampa

In sede di Conferenza Unificata sono state approvate le Linee-Guida nazionali in materia di identificazione, protezione e assistenza alle vittime di sfruttamento lavorativo in agricoltura”, indirizzate a tutti i soggetti coinvolti a vario titolo in azioni di protezione e assistenza alle vittime di sfruttamento lavorativo.

Tali Linee-Guida forniscono principi generali e standard comuni per la realizzazione di un Meccanismo nazionale di riferimento (MNR) a trazione pubblica (referral), finalizzato a creare un modello di intervento per accrescere la fiducia delle vittime nelle istituzioni e spezzare le catene del lavoro iniquo e degradato dalle pratiche del caporalato e dello sfruttamento. Scopo del MNR è stabilire ruoli e responsabilità degli attori coinvolti nel sistema, definire procedure comuni per l’identificazione delle vittime e per il processo di presa in carico, identificare i servizi di protezione e assistenza per le vittime e gli standard minimi di qualità per la loro erogazione.

Il documento si inserisce nella cornice del Piano Triennale di contrasto al caporalato e allo sfruttamento lavorativo in agricoltura 2020-2022(link is external), che prevede tra l’altro la costruzione di un sistema integrato di servizi per la prima assistenza e protezione dei lavoratori agricoli in condizioni di sfruttamento, nonché il rafforzamento di interventi mirati per il loro reinserimento socio-lavorativo.

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La sinistra deve fare autocritica, ha dimenticato la giustizia sociale

ENRICO LETTA

L’anticipazione del libro “Anima e cacciavite” del segretario del Pd

Negli ultimi anni ho pensato, e scritto, che una delle cause più profonde della crisi delle élite in Europa, in particolare dei partiti progressisti, sia stata la tendenza diffusa a disprezzare il disagio, derubricare il conflitto sociale a orpello novecentesco, vivere le disuguaglianze come il prezzo da pagare, apparentemente minimo, di fronte alle opportunità, apparentemente infinite, della globalizzazione e dell’apertura.


È stato il nostro abbaglio storico, su cui tutti dobbiamo fare autocritica. Primo, perché abbiamo permesso che la risposta ai bisogni legittimi di protezione fosse appannaggio esclusivo della destra populista. Secondo, perché, quasi vergognandoci di pronunciare l’espressione «giustizia sociale », abbiamo smarrito l’aspirazione stessa al progresso, non vedendo che intorno a noi si consumava invece un regresso. Meno lavoro, meno opportunità di crescita, meno speranza, meno figli, meno empatia verso le difficoltà, meno solidarietà verso gli ultimi e i disperati.
Proprio oggi che tutto è ancora più accelerato dobbiamo recuperare in fretta il tempo perduto e porre la riduzione delle disuguaglianze e la prossimità verso i bisogni della persona e della comunità al centro della nostra azione politica. Cosa significa essere progressisti, altrimenti? Dov’è l’anima, di cui parlavo prima? In fondo, dice Filippo Andreatta, «rimangono i nemici di sempre da sconfiggere (le 4 P): povertà, privilegi, pregiudizi, paura. Sono ancora gli stessi nemici del Risorgimento, Resistenza e Costituente».

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Cambiare rotta per una società più giusta

FABRIZIO BARCA

Cari cittadini e cari amministratori della cosa pubblica, Ho cominciato ad occuparmi di disuguaglianze in adolescenza (1967-68), come è capitato a molti della mia generazione. Poi, forse stranamente per qualcuno, ho ripreso l’attenzione alle disuguaglianze quando ho iniziato a lavorare in Banca d’Italia occupandomi della sostenibilità delle piccole-medie imprese perché, in un Paese come il nostro e per un lungo periodo, il sistema delle piccole-medie imprese ha svolto un ruolo fondamentale di pre-distributore della ricchezza.

Col passaggio al Ministero dell’Economia, poi, la riduzione delle disuguaglianze territoriali è diventato il mio lavoro e con l’avventura in Europa con la Commissaria Danuta Hubner nel 2008 anche l’occasione di incontro con una straordinaria rete di pensatori e di amministratori impegnati su questo fronte.

Successivamente, quando ho anticipatamente lasciato la Pubblica Amministrazione, mi sono ritrovato con organizzazioni di cittadinanza, con accademici e ricercatori che non avevano smesso di occuparsi di disuguaglianze nemmeno nei quarant’anni bui nei quali la parola era scomparsa dal vocabolario di molti. E capimmo che, se volevamo fare la differenza, dovevamo lavorare insieme.

L’ottica ecosistemica è entrata come sensibilità del mio vivere molto presto: mi è sempre piaciuto stare in contatto e camminare nella natura sentendomi in armonia in mezzo a un bosco, in un prato, su un crinale di montagna e anche dentro a un temporale improvviso. Però, con sincerità vi dico che questo è diventato impegno collettivo dopo molto tempo: non capii da subito che tutto quello lo stavamo mettendo a repentaglio, anche con cose su cui magari lavoravo anch’io.

Questa consapevolezza è venuta verso fine 2011 ed è esplosa con il mio impegno sulle strategie per le aree interne del Paese, mentre ero ministro della Repubblica. Lì ho avvertito che questa straordinaria biodiversità in cui stiamo, questa voglia di stare in armonia nell’ecosistema, richiedevano politiche precise e mirate.

Se definiamo la «giustizia sociale» come la capacità delle persone di vivere la vita che è nelle loro corde viverei, allora un pezzo della nostra vita di persone è fare un buon lavoro, un pezzo è amare delle persone, essere curati quando ne abbiamo bisogno, apprendere, …e un pezzo della nostra vita è sentirci in armonia con la natura. La «giustizia ambientale» – così la chiamarono già negli anni ’60 proprio gli attivisti del movimento nero americano che si accorsero di come l’aspetto ambientale era dentro il sociale, essendo i neri del nord America costretti a vivere in aree degradate – non è dunque un’aggiunta ma una delle dimensioni umane costitutive.

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