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Politica e religioni: l’importanza del dialogo

MARIANO CROCIATA

Il fatto che questo sia il 25° incontro annuale del Gruppo di dialogo interculturale del Partito Popolare Europeo conferisce ad esso un carattere singolare. L’esistenza di un tale Gruppo è il segno di una scelta lungimirante e di un impegno consapevole nell’abbracciare la prospettiva del dialogo interculturale e interreligioso come parte integrante dell’impegno politico dei parlamentari del Partito Popolare. Questo oggi viene in evidenza in maniera del tutto speciale.

Che un partito politico si occupi di dialogo interculturale e interreligioso è l’espressione di una responsabilità volta a cogliere e a rappresentare anche le istanze sociali attivate dalla dimensione religiosa. Del resto, un partito attento alle dinamiche sociali e capace di guardare alla ricerca di un bene comune il più possibile integrale non può fare a meno di aprirsi a tale dimensione anche religiosa.

L’esperienza religiosa è, non da ora, di fatto e di diritto un fenomeno plurale nelle nostre società occidentali, sia per l’evoluzione interna della storia della cultura sia per l’inserimento di nuove presenze religiose a motivo dei flussi migratori.

Per queste ragioni diventa necessario seguire e accompagnare la convivenza tra diverse fedi e differenti culti, affinché la loro pacifica coesistenza e la loro positiva interazione prevengano tentazioni di conflitto ma, al contrario, diventino una risorsa per la collettività tutta.

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Il bene prezioso della libertà

Elena Loewenthal

Il fondamentalismo dei giorni nostri è quello di sempre: trasforma il passato in una minaccia e invoca crociate in formato «double face», comode per rivalse millenarie, come ha appena fatto Erdogan. Mozza una testa per una lezione di scuola. Stabilisce simmetrie bislacche, come quella
che dovrebbe passare fra la negazione di un fatto storico – la Shoah – e l’insulto al Profeta: così twitta Khamenei.

Il fondamentalismo dei giorni nostri è lo stesso di sempre: nega l’evidenza ancor prima della realtà. Il grande Amos Oz diceva che il fanatico è in fondo un generoso: sa esattamente dove stanno la verità e il bene ed è ansioso che lo sappiano anche tutti gli altri, a costo di decapitarli.
Il fondamentalismo che in questi nostri giorni sbraita perché non ammette l’esistenza di civiltà alternative alla sua, di civiltà (per così dire), ha un vantaggio: è terribilmente facile da decodificare.
Non ammette altro che la propria verità. Tutto diventa irrimediabilmente semplice: il bene sta tutto da una parte, il male tutto dall’altra.
Anche la libertà d’espressione è ammessa, a patto che ce l’abbia il fondamentalista e non il prossimo. Charlie Hebdo è meritevole di annientamento perché esercita questa libertà. La stampa di regime – in Iran così come in Turchia – ha invece tutto il diritto di disegnare quello che gli pare, perché il suo è un dettato di verità.

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