Archivi tag: Femminicidio

I tanti episodi di violenza. Il mistero eterno del male e l’odio per la vita nascente

MAURIZIO PATRICIELLO

In questi giorni, ritorna, come sempre, prepotente, la domanda sul male. Domanda destinata ad accontentarsi di risposte piccole, incomplete, che a loro volta, produrranno altre domande. Così dall’inizio dei secoli e fino alla fine dei tempi. I nostri antenati si sono scervellati, hanno scritto libri, trattati a riguardo. Ci sono stati giorni in cui sembrava loro di essere giunti a una qualche soluzione. Ci siamo emancipati, è vero. Ci siamo liberati di tanti tabù, abbiamo mandato al macero tradizioni, linguaggi, modi di fare e di pensare obsoleti. Ci saremmo aspettati di vivere in un mondo più giusto, più fraterno, più sereno. Ci accorgiamo che non sempre è così. Abbiamo moltiplicato le leggi, illudendoci di poter mettere ordine nella vita degli uomini, delle coppie, delle famiglie, delle società. Non ci siamo riusciti del tutto. Il male, quando si accorge di essere accerchiato, cambia pelle. Si traveste. È riesce a ingannarci ancora. Pessimismo? No. Solo uno sguardo disincantato sul mondo.

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Violenza sulle donne. Il Papa: velenosa gramigna da estirpare educando alla dignità

MARINA TOMARRO

Francesco sottolinea in un post su X la gravità del fenomeno nella Giornata internazionale dedicata al tema. Nel mondo ogni anno vengono uccise circa 45 mila donne, 5 ogni ora. In Italia, nel 2023, sono state uccise 106 donne, una ogni tre giorni

“La violenza sulle donne è una velenosa gramigna che affligge la nostra società e che va eliminata dalle radici”. Così Papa Francesco ha voluto ricordare con un post su X dal suo account @Pontifex la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che ricorre oggi. “Queste radici – scrive il Pontefice – crescono nel terreno del pregiudizio e dell’ingiustizia; vanno contrastate con un’azione educativa che ponga al centro la persona con la sua dignità”.

Cortei e manifestazioni in tutta Italia

Secondo dati di UN Women, nel mondo una donna su 3 ha subito violenza sessuale o fisica almeno una volta nella vita e l’86% vive in Paesi in cui non c’è protezione legale contro la violenza. Secondo i dati Istat, in Italia sono quasi 7 milioni le donne tra 16 e 70 anni che hanno subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale nella loro vita e, nel 2022, sono state più di 20 mila quelle che si sono rivolte a un centro antiviolenza e oltre 30 mila le chiamate all’1522, il numero antiviolenza e stalking. I governi però investono ancora troppo poco in prevenzione. La denuncia arriva dalle Nazioni Unite che, in occasione della Giornata idi oggi hanno lanciato la campagna “Unite!”, sedici giorni di iniziative per chiedere più risorse. Oggi in tutta Italia ci saranno manifestazioni per dire basta alla violenza sulle donne. A Roma il corteo nazionale partirà alle 14.30 da Circo massimo e si concluderà a piazza San Giovanni.

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FEMMINICIDIO. Il peso del fallimento e la ferocia di Narciso

MASSIMO RECALCATI

Sappiamo bene chi sono gli uomini che odiano, maltrattano e uccidono le donne. Sono gli uomini che rifiutano la libertà della donna. È questa l’essenza più pura del maschilismo in quanto figlio naturale dell’ideologia del patriarcato. Il suo presupposto è l’idea che la donna sia afflitta da una minorità ontologica, morale e cognitiva che la consegna a non essere altro che un oggetto passivo nelle mani dell’uomo. Per questa ragione, quando la soggettività femminile fa la sua apparizione (attraverso la decisione di interrompere un legame amoroso o quella di intraprendere una carriera professionale indipendente, come è appena accaduto nel caso di Giulia), può provocare reazioni violentissime. Nel fantasma maschilista, infatti, la donna non può esprimere una soggettività libera perché viene concepita come una mera proprietà dell’uomo.

Ma la violenza che trova il suo apice nel femminicidio scaturisce sempre da una cultura fatta di umiliazioni e di offese quotidiane, di mortificazione e di negazione della libertà della donna. Può avvenire non solo come esercizio di un potere sadico, ma anche nel nome dell’amore. È questo un altro paradosso che andrebbe mostrato in tutta la sua crudeltà: nel nome dell’“amore” si può arrivare a sopprimere la libertà della donna. Nella violenza degli uomini sulle donne c’è sempre un intento fantasmaticamente pedagogico: disciplinare, regolare, purificare la loro naturale e irresponsabile peccaminosità. È il delirio moralistico che troviamo frequentemente al cuore degli uomini che maltrattano le donne: piegare con la forza e il ricatto la donna, renderla servizievole come dovrebbe essere ogni donna secondo la cultura del patriarcato.

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Femminicidio. Il dovere di agire

LINDA LAURA SABBADINI

Un drammatico ennesimo femminicidio. In questo caso da parte di un ex. La vita spezzata di una donna di 40 anni. La vita profondamente segnata della sua splendida bimba che va ad allungare la lista degli orfani di femminicidi. La Commissione Femminicidio aveva stimato il numero di orfani in 169 in due anni. Non era stata in silenzio, né in solitudine. Due anni fa aveva denunciato il suo ex per stalking. Ma non è bastato. Poi aveva ritirato la denuncia, pensando, chissà, in un ravvedimento. Ma lui non era cambiato. La considerava di sua proprietà. La violenza sulle donne non è altro che l’espressione della volontà di possesso e di dominio dell’uomo sulla donna. È l’espressione più becera della cultura patriarcale e si scatena contro le donne di tutte le classi sociali, in tutte le zone d’Italia, senza particolari specifiche differenze. Avviene soprattutto in ambito domestico, nella maggioranza dei casi da partner o ex.

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La pornografia che non si vede

LEA MELANDRI

La ministra delle Pari Opportunità, della Famiglia e della natalità, Eugenia Roccella, in una recente intervista al Quotidiano Nazionale ha sostenuto la necessità di limitare ai minori l’accesso ai siti porno, trovando in questo un alleato in Rocco Siffredi, e nella sua competenza in materia.

“C’è una pornografia – ha detto la ministra delle Pari Opportunità, della Famiglia e della natalità, Eugenia Roccella, – che è molto cambiata ed è sempre più violenta e umiliante nei confronti delle donne (…) attraverso il porno possono passare forme di sessualità brutali, e dobbiamo interrogarci sugli effetti che possono avere su un minore”.

Puntare il dito contro la pornografia è fin troppo facile, quando ci sono casi come quello di Palermo, e viene il dubbio che sia un modo per non affrontare il sessismo in tutte le sue manifestazioni, a partire da quelle che passano invisibili perché considerate ‘normali’. Una analoga via di fuga è la proposta della castrazione chimica per lo stupratore. Si potrebbe dire che il determinismo biologico ha un radicamento di incredibile durata, se non solo si continua a confondere la sessualità con la procreazione, ma a riportare sull’organo sessuale maschile forme di violenza e di aggressività che vengono dall’esercizio di un potere patriarcale millenario.

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Stupro: gli arcaici luoghi comuni

DACIA MARAINI

Qualche considerazione sullo stupro di cui si parla tanto in questi giorni. L’idea che la donna stuprata debba dimostrare che non c’è stato consenso è aberrante. Se io denuncio che sono stata rapinata, nessuno pensa che sia stata consenziente. Ma lo stupro è una rapina. E non ha niente a che vedere con il desiderio sessuale. Lo stupro in natura non esiste. È una azione inventata dall’uomo per umiliare il nemico. Infatti, è sempre stato usato come un’arma di guerra. Il nemico si uccideva, la donna considerata proprietà del nemico la si stuprava. Ed era un atto di affermazione della propria identità, qualcosa di molto profondo e oltraggiante. Era prima di tutto la dissacrazione del luogo sacro della nascita: lì dove il corpo femminile dà alla luce una nuova vita. Inoltre è il segno di una odiosa insinuazione del vincitore nell’intimità del vinto. Non solo ti sconfiggo, non solo invado i tuoi territori, la tua città, la tua casa, ma introduco nel ventre della tua donna il mio seme, in modo che il futuro sia condizionato dalla mia identità di vincitore e non dalla tua di vinto.

Se si capisce questo pensiero invasivo e di brutale affermazione identitaria diventa evidente che lo stupro non si misura sulle ecchimosi e sul sanguinamento, ma che ha il potere di agire in profondità nella psiche femminile rendendola nemica di se stessa. La donna stuprata, sapendo di essere stata usata dal nemico per una invasione di identità, si sentirà in colpa, anche se non saprà neanche pensarlo o dirlo, ma per antica consuetudine si consegnerà alla convinzione di avere accettato una cocente umiliazione per sé e per il genere che rappresenta.

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È la debolezza degli uomini che scatena la violenza, lo stupro, l’omicidio delle donne

EDITH BRUCK

Cari uomini, so bene che è la Festa della Donna. I poveri alberi della mimosa sono massacrati e i rametti regalati alle donne con le perline di velluto di un giallo luminoso si spengono presto, diventano marroncini, muoiono come le donne in parti considerevoli del mondo, ammazzate, torturate, imprigionate, ingabbiate nel nome della religione, dell’amore e di una cultura che nega loro la libertà.

Noi donne occidentali, di culture diverse, di fedi diverse, non possiamo che ammirare queste leonesse che cercano di liberarsi dalla Sharia, di rompere la gabbia in cui sono nate e tenute da uomini deboli che hanno paura delle donne libere, perché sanno della loro forza, del valore, della fantasia, dell’immaginazione, dell’autodeterminazione, del coraggio. È la debolezza degli uomini che scatena la violenza, lo stupro, l’omicidio di chi vi lascia.

Non l’amore.

Qualsiasi dolore vi abbatte e vi sentite perduti senza la donna-mamma-sorella che vi bacia la feritina, la bua, non sopportate la sofferenza, non sopportate di essere abbandonati, perché vi sentite orfani e incapaci di autogestirvi, di sopportare la solitudine, qualsiasi perdita, compresa quella del lavoro, della posizione sociale, l’ambizione frustrata, qualsiasi sconfitta vi avvilisce, come se foste rimasti un po’ bambini.

Non è forse il momento di crescere e sopportare le avversità della vita? Vi manca la mamma eternamente? Anche gli uomini illuminati, importanti, difficilmente inghiottono che il successo della propria donna li superi. In fondo volete sempre avere le redini in mano. Le donne intelligenti, di cui gli uomini in generale hanno un po’ paura, sono contente quando il compagno raggiunge ciò che desidera, ma purtroppo, in fondo, non avviene il contrario. Sopportate male le donne colte, coscienti delle loro possibilità, come non avessero diritto a realizzarsi.

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Il delirio del patriarcato contro le donne

MASSIMO RECALCATI

Si può uccidere, stuprare, torturare, bastonare nel nome di Dio? E’ quello che sta accadendo sotto gli occhi semichiusi del mondo nelle strade dell’Iran. Il male esiste, non è un principio astratto. Ed esistono i malvagi che lo compiono colpevolmente. Con l’aggiunta sconcertante che il nome del Bene è spesso la maschera principale con il quale esso si camuffa. Impiccare, sparare contro i genitali, il petto, gli occhi può essere espressione della volontà di Dio? Le mani dei suoi più fedeli e sanguinari adepti prolungano le mani di Dio? Il Male può essere fatto nel nome del Bene? E’ lo stesso interrogativo che ci ponevamo di fronte al terrorismo di matrice islamica. Ma nel caso dell’Iran il terrorismo è di fatto una politica di Stato. E’ il delirio collettivo che ispira il regime teocratico degli ayatollah.

Eppure questo delirio lo abbiamo visto all’opera anche in Occidente nel corso del Novecento: invocare fanaticamente l’ideale di una Causa può giustificare i crimini più efferati. E’ la logica che ha ispirato storicamente il carattere strutturalmente religioso di ogni forma di patriarcato. Conosciamo bene anche il meccanismo: invocare la giustizia di Dio è un modo per giustificare ogni genere di violenza. Quando, infatti, si invoca il Bene supremo per compiere il male non c’è più limite al male che si può compiere poiché il male diventa lo scudo necessario in difesa del Bene.

Anche in questa terrificante violenza che sta insanguinando le strade iraniane vediamo all’opera il carattere atroce dell’intento correttivo, educativo, paradossalmente pedagogico, del sadismo delirante del patriarcato. Non a caso l’azione spietatamente repressiva della polizia al servizio del potere teocratico è definita, come in un libro di George Orwell, “polizia morale”. Ma anche questo genere di violenza abbiamo conosciuto in Occidente qualche secolo fa attraverso le istituzioni reazionarie e repressive delle nostre Chiese finalizzate a perseguitare e a uccidere gli eretici e gli infedeli sempre nel nome di Dio.

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Femminicidio. La matrice culturale: onore e vergogna

Alberto Ares Mateos S.I. – Lorena Rojas Ávalos

L’onore ha avuto un ruolo molto importante nelle culture mediterranee. Esso trascende la dimensione individuale per estendersi alla collettività, alla famiglia. Ogni membro della famiglia, uomini e donne in modo diverso, ha la sua quota di responsabilità nel far sì che l’onore della stirpe venga preservato. Spesso spargendo il sangue delle donne. Non c’è dubbio che le società postmoderne abbiano inferto un duro colpo allo schema onore-vergogna alla radice, in particolare, del femminicidio. Ma corriamo anche il rischio di ritrovarci invece di fronte a un modello patriarcale che si perpetua, solo con un volto più affabile.

Per proseguire la lettura vedi La Civiltà cattolica, n.4137, 5/19 novembre 2022

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La violenza del branco contro le donne sembra non indignare più

MICHELA MARZANO

Solo poche persone hanno esplicitamente condannato le aggressioni sessuali avvenute a Milano la notte di Capodanno. Non ci sono stati messaggi di solidarietà nei confronti delle vittime né i commenti di tutti coloro che, giustamente, non perdono occasione per ribadire la necessità di riscrivere la grammatica delle relazioni sessuali. Gli inquirenti, appoggiandosi anche su alcuni video che circolano sul web, parlano di «fatti gravissimi», di «molestie e abusi orribili» che coinvolgerebbero almeno cinque ragazze, e che sarebbero stati commessi, con modalità di «branco», da alcuni giovani di origine nord-africana. Come spiegare allora questo silenzio che ricorda in maniera imbarazzante le sparute e tristi reazioni che c’erano state subito dopo le aggressioni del 31 dicembre 2016 a Colonia?

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