FABIO MARTINI
È un paradosso che dura da cento anni. Giacomo Matteotti è personaggio celebrato come pochi altri e al tempo stesso quasi sconosciuto nella sua essenza: umana e politica. Ma l’insolito destino che sinora ha circondato la figura del martire socialista sta per essere “riscattato”: nel prossimo mese, ai libri già usciti, se ne aggiungeranno altri dieci. Di alcuni si conosce il titolo, di altri si sa poco, altri stanno avanzando a luci spente. Sul numero finale di opere dedicate a Matteotti meglio usare il condizionale, ma una certezza c’è già: negli anniversari del passato mai erano stati scritti, in una volta sola, così tanti libri come quelli in uscita.
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Un boom editoriale che ha diverse ragioni. Una contingente: il numero “tondo” dell’anniversario, poiché Giacomo Matteotti venne aggredito e assassinato dai sicari di Mussolini il 10 giugno del 1924, cento anni fa. E il centenario fa la differenza persino in una stagione nella quale si vive retoricamente qualsiasi ricorrenza: oramai le stesse iperboli gratificano il cantante simpatico e il Premio Nobel che ha cambiato i destini del mondo. Poi, certo, pesa la “ri-scoperta” di un personaggio che nel secondo dopoguerra ha ottenuto l’intestazione di 3992 strade ma sul quale ha gravato una sordina quasi involontaria: Matteotti, nel momento dell’agguato fatale, era segretario del Psu, la formazione di socialisti riformisti ispirati da Filippo Turati e appartiene dunque ad una tradizione, quella socialista, che nel secondo dopoguerra non è mai stata maggioritaria nella sinistra italiana.
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