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“Dio, la scienza, le prove. L’alba di una rivoluzione”

GIUSEPPE TANZELLA-NITTI

Da alcuni mesi un libro pubblicato in Francia nel 2021, tradotto poi in spagnolo e in italiano, sta facendo parlare di sé. Il fenomeno mediatico e commerciale c’è tutto. Oltre 300.000 copie vendute, ai primi posti delle classifiche di Amazon e di altri internet bookshop con un “indice di gradimento” degli utenti Google vicino al 90%. Le grandi testate giornalistiche hanno reagito prima con prudenza ed esitazione, poi alcune di esse hanno preso decisamente posizione, a favore o contro. La rivista francese La Croix ha dedicato non meno di 6 articoli, con cadenza quasi settimanale, a criticarne violentemente il contenuto, come ha fatto Le Figaro. Altri organi di stampa lo hanno lodato, altri ancora vi si sono riferiti in modo indiretto, ospitando dibattiti. Quale la ragione di queste variopinte reazioni e, soprattutto, qual è la ragione del suo successo commerciale? Stiamo parlando di Dio, la scienza, le prove. L’alba di una rivoluzione, firmato da Michel-Yves Bolloré e Olivier Bonnassies, un ingegnere imprenditore e uno studioso con diplomi in discipline tecniche e in teologia. Proverò anch’io a rispondere a queste domande, partendo dal suo titolo. Non è mia intenzione commentare o recensire il contenuto del libro, ma soffermarmi sul fenomeno. Lo farò sviluppando brevemente due considerazioni: a) perché un libro che desidera provare Dio attraverso la scienza riscuote tanto successo; b) perché il tema affrontato provoca reazioni accese e fortemente dialettiche, almeno a giudicare dai titoli delle recensioni pubblicate.

La prima considerazione è immediata: il tema di Dio interessa, e interessa ancora di più quando a “Dio” si accosta la “scienza”, ritenuta dall’opinione pubblica uno dei principali fattori di non credenza, a ragione o a torto. I sociologi della religione collocano questo fattore al primo posto fra i laureati con meno di 40 anni, mentre è il problema del male ad essere il principale ostacolo per credere in Dio fra le persone di maggiore età. Gli autori del libro mostrano che, quando si lasciano parlare i suoi protagonisti, la scienza suscita grandi domande, si interroga, cerca di capire se c’è qualcosa o qualcuno che regga il mondo. In fondo tali domande la scienza le ha sempre suscitate, ma forse lo avevamo dimenticato. Il grande pubblico apprezza che qualcuno gli parli di Dio, anche per capire se possiamo crederci ancora o se siamo diventati troppo adulti per farlo. Il tema di Dio non sembra più trovare spazio dove eravamo abituati a incontrarlo. Se di Dio non parlano i filosofi, i romanzieri, gli artisti e – chiedo venia – i sacerdoti, allora ce ne parlano gli scienziati.

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