Archivi tag: Democrazia

“Evitare la concentrazione del potere, a garanzia della libertà di tutti”

SERGIO MATTARELLA, Discorso all’Assemblea generale di Confindustria

(…) Se vi è qualcosa che una democrazia non può permettersi è di ispirare i propri comportamenti, quelli delle autorità, quelli dei cittadini, a sentimenti puramente congiunturali. Con il prevalere di inerzia ovvero di impulsi di ansia, di paura. Con due possibili errori: una reazione fatta di ripetizione ossessiva di argomenti secondo i quali, a fronte delle sfide che la vita ci presenta quotidianamente, basta denunziarle senza adeguata e coraggiosa ricerca di soluzioni. Quasi che i problemi possano risolversi da sé, senza l’impegno necessario ad affrontarli. Oppure – ancor peggio – cedere alle paure, quando non alla tentazione di cavalcarle, incentivando – anche contro i fatti – l’esasperazione delle percezioni suscitate. Sono questioni ben presenti alle persone raccolte qui questa mattina che, giorno dopo giorno, sono chiamate ad assumere decisioni, ad agire con razionalità e concretezza, a guardare e progettare il futuro delle imprese che si trovano a guidare.

In un’espressione: a evitare fatui irenismi e credere, invece, nella forza delle istituzioni, nella solidità delle proprie imprese, nel valore dell’iniziativa e dell’innovazione nel mondo che cambia velocemente. È il senso del messaggio che Luigi Einaudi – primo Presidente della Repubblica eletto – consegnava il 31 marzo del 1947, nelle Considerazioni finali da Governatore della Banca d’Italia, a poche settimane dall’assumere le funzioni di vice Presidente del Consiglio e Ministro del Bilancio del Governo De Gasperi. A proposito della situazione economica, Einaudi scriveva: “È necessario che gli italiani non credano di dover la salvezza a nessun altro fuorché se stessi”. Oggi diremmo: a noi stessi e agli altri popoli con i quali abbiamo deciso di raccoglierci nell’Unione Europea. Ringrazio Confindustria di questa occasione di riflessione, e rinnovo un saluto cordiale a tutti voi qui riuniti.

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“Al cuore della democrazia”. 50ª Settimana Sociale dei Cattolici. Documento preparatorio

È disponibile online il Documento preparatorio della 50ª Settimana Sociale dei Cattolici in Italia, in programma a Trieste dal 3 al 7 luglio 2024. Partecipazione e pace, lavoro e diritti, migrazioni, ecologia integrale, economia che metta al centro l’uomo e la natura sono i temi “Al cuore della democrazia” che faranno da filo rosso al tradizionale appuntamento promosso dalla CEI.

Pensata come un processo più che come un evento, la Settimana Sociale entra nel vivo con la pubblicazione del Documento preparatorio che aiuterà a riflettere e a individuare idee da realizzare per “partecipare tra storia e futuro”. “Il futuro del Paese – sottolinea il Documento – richiede persone capaci di mettersi in gioco e di collaborare tra loro per rigenerare gli spazi di vita, anche i più marginali e affaticati, rinforzando la capacità di scegliere democraticamente e di vivere il potere come un servizio da condividere. È una sfida che riguarda tutti i cittadini: tutte le voci di una comunità devono trovare parola, ascolto e sostegno, per elaborare pensiero e avviare percorsi di partecipazione, per trasformare il presente e liberare più bellezza nel futuro”.

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Condizioni, metodi, fini della democrazia

Riportiamo di seguito un brano tratto dal Documento preparatorio della 50ª Settimana Sociale dei Cattolici in Italia, che si svolgerà a Trieste dal 3 al 7 luglio 2024

Prima ancora di essere una forma di governo la Democrazia è la forma di un desiderio profondamente umano: quello di vivere insieme volentieri e non perché costretti, sperimentando la comunità come il luogo della libertà, in cui tutti sono rispettati, tutti sono custoditi, tutti sono protagonisti, tutti sono impegnati in favore degli altri. «Fratelli tutti», diremmo oggi con Papa Francesco. E mentre lo diciamo sentiamo subito la vertigine di qualcosa che ancora non c’è o che è in cantiere.
La via cristiana verso la democrazia non percorre anzitutto la questione del potere e delle decisioni per la comunità, ma si ferma davanti a una domanda più radicale: che cosa può fare di noi una comunità aperta e generativa?

Se ci guardiamo intorno vediamo che in questi anni certamente sono cambiati i modi nei quali i cittadini prendono parte alla vita civile. In molti casi si assiste ad un ritrarsi nel privato, ad una stanchezza che non lascia spazio per la vita comunitaria, ad una rinuncia alla fatica delle relazioni. Dall’altro, le forme stesse della partecipazione stanno cambiando. Non seguono più necessariamente quelle del secolo scorso, non sempre procedono dall’alto attraverso la mobilitazione di corpi intermedi e forme associative (dai partiti al sindacato, dalle cooperative alle associazioni di volontariato) ma hanno spesso forma più libera e fluida. Bisogna avere occhi nuovi per leggere nel cuore della democrazia, per cogliere rischi e segnali di pericolo ma soprattutto indizi di nuove domande e nuove vitalità.

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“Al cuore della democrazia”. 50ª Settimana Sociale Cattolici in Italia. Documento preparatorio

È disponibile online il Documento preparatorio della 50ª Settimana Sociale dei Cattolici in Italia, in programma a Trieste dal 3 al 7 luglio 2024. Partecipazione e pace, lavoro e diritti, migrazioni, ecologia integrale, economia che metta al centro l’uomo e la natura sono i temi “Al cuore della democrazia” che faranno da filo rosso al tradizionale appuntamento promosso dalla CEI.

Pensata come un processo più che come un evento, la Settimana Sociale entra nel vivo con la pubblicazione del Documento preparatorio che aiuterà a riflettere e a individuare idee da realizzare per “partecipare tra storia e futuro”. “Il futuro del Paese – sottolinea il Documento – richiede persone capaci di mettersi in gioco e di collaborare tra loro per rigenerare gli spazi di vita, anche i più marginali e affaticati, rinforzando la capacità di scegliere democraticamente e di vivere il potere come un servizio da condividere. È una sfida che riguarda tutti i cittadini: tutte le voci di una comunità devono trovare parola, ascolto e sostegno, per elaborare pensiero e avviare percorsi di partecipazione, per trasformare il presente e liberare più bellezza nel futuro”.

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Economia, demografia, democrazia: sfide e linee guida per una governance globale

GIULIANO AMATO

Da alcuni mesi, la Consulta scientifica del “Cortile dei Gentili” è impegnata nella redazione di un documento analitico, che si propone di indagare e affrontare l’attuale e difficile transizione economia, sociale, democratica e demografica, proponendo delle linee di indirizzo per una governance condivisa e sostenibile a livello globale. Di seguito, se ne pubblica un estratto a cura del Presidente della Consulta, il Prof. Giuliano Amato.

All’interno di una difficile transizione geo-politica l’umanità si trova oggi a vivere una profonda crisi antropologica, non solo individuale ma sociale, dovuta a tre transizioni interdipendenti: a) una transizione demografica; b) una transizione economica e sociale; c) una transizione “democratica” intesa qui come ridisegno delle forme di governo statuali coinvolte in questo processo.

LA TRANSIZIONE DEMOGRAFICA E LA CRISI DELLA DEMOCRAZIA COME QUESTIONE DI CIVILTA’

La crisi demografica europea rischia di diventare una “questione di civiltà”, una crisi della capacità di tenuta dei valori sui quali si fonda il modello di civiltà che l’occidente ha forgiato.

In questo scenario di «transizione demografica», infatti, sono generalmente posti sotto osservazione gli aspetti ambientali, socio-economici, geopolitici e quindi ciò che dovremmo fare in vista della sostenibilità. Manca, tuttavia, tra questi focus, un’adeguata attenzione allo squilibrio della competizione valoriale sulla scena della globalizzazione, che indubbiamente le dinamiche demografiche e geo-demografiche porteranno con sé; ciò che non viene preso in considerazione, infatti, è se la crisi demografica europea diventerà anche crisi della tutela e della promozione dei valori della dignità della persona, della democrazia e della generatività nell’incontro globale delle culture.

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UE. Difesa e rafforzamento della democrazia. In programma evento a Bruxelles

“Le organizzazioni della società civile, difesa e rafforzamento della democrazia europea”: questo il titolo di una conferenza che si terrà il 30 marzo prossimo, su iniziativa del gruppo “Organizzazioni della società civile” del Comitato economico e sociale europeo (Cese).

Grazie alle loro attività, queste organizzazioni “non solo promuovono l’uguaglianza e la coesione sociale, ma agiscono anche come organi di controllo, chiedono conto ai decisori e promuovono i valori democratici, lo stato di diritto e i diritti fondamentali”, spiega la nota del Cese che illustra l’iniziativa. La democrazia sta perdendo terreno a livello globale, si registrano tendenze preoccupanti in diversi Stati membri dell’Ue e dove i valori democratici sono sotto attacco, anche le organizzazioni della società civile tendono a essere prese di mira, spiegano ancora dal Cese. Anche l’inclusione o meno della società civile nel dialogo politico è un “indicatore importante della qualità di un processo legislativo”: se in alcuni Paesi Ue questi spazi si stanno riducendo, ci sono anche “esempi stimolanti di un dialogo politico efficace”.

Questi saranno i temi in discussione nell’incontro di fine marzo, in cui interverranno rappresentanti delle istituzioni europee, di organizzazioni della società civile, del mondo accademico (qui il programma). L’evento è organizzato in vista della pubblicazione del pacchetto “Difesa della democrazia” da parte della Commissione europea e della revisione dell’attuazione del piano d’azione per la democrazia europea. Si potranno seguire i lavori in presenza oppure on line.

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Quell’uomo nero che vive in noi

MASSIMO RECALCATI

Un grande filosofo come Gilles Deleuze riteneva che il presupposto di fondo della lotta antifascista avesse come prima e imprescindibile condizione la lotta contro il fascista che ognuno di noi porta dentro di sé. L’intolleranza per la differenza, la convinzione dogmatica di detenere una verità assoluta, la giustificazione politica della violenza, l’odio e lo scherno, l’approvazione della censura e l’interdizione della libertà di parola per chi diverge dalla nostra concezione del mondo, un complesso di superiorità inguaribile, la rappresentazione della Destra come culturalmente indegna, il sarcasmo verso la maggioranza quando il suo orientamento non coincide con i nostri desideri, la tendenza a convertire la critica in insulto, sono in se stesse tentazioni fasciste e autoritarie che hanno paradossalmente trovato diritto di cittadinanza anche nella cultura di gruppo dell’antifascismo. Lo scrivo con amarezza rileggendo oggi l’antifascismo militante dei movimenti della fine degli anni Settanta ai quali partecipai con grande entusiasmo giovanile.

I miei cattivi maestri di allora non si rendevamo conto che la militanza antifascista che esaltavamo non era, in realtà, altro che il rovesciamento speculare del mostro velenoso che intendevamo combattere. Se non fu quella cultura extraparlamentare ad armare la mano dei terroristi rossi, è certo che per molti dei miei compagni di allora quella violenza cieca era ampiamente giustificata dalla violenza dello Stato. L’assioma ideologico escludeva ogni forma di dubbio: se il cuore dello Stato era un cuore fascista bisognava colpirlo senza indugi. È ovvio che l’azione armata della resistenza partigiana fu tutt’altra cosa. Necessaria e legittima per contrastare la barbarie nazifascista. Come è altrettanto ovvio che i principi della nostra Costituzione nati da quella lotta devono essere sempre difesi con decisione.

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“Giù le mani dall’Africa. Basta soffocare l’Africa: non è una miniera da sfruttare o un suolo da saccheggiare”

PAPA FRANCESCO – [ AR  – EN  – ES  – FR  – IT  – PT ] – [Multimedia]

(…). Vi saluto cordialmente, grato al Signor Presidente per le parole che mi ha rivolto. Sono felice di essere qui, in questa terra così bella, vasta, rigogliosa, che abbraccia a nord la foresta equatoriale, al centro e verso sud altipiani e savane alberate, a est colline, montagne, vulcani e laghi, a ovest grandi acque, con il fiume Congo che incontra l’oceano. Nel vostro Paese, che è come un continente nel grande Continente africano, sembra che la terra intera respiri. Ma se la geografia di questo polmone verde è tanto ricca e variegata, la storia non è stata altrettanto generosa: tormentata dalla guerra, la Repubblica Democratica del Congo continua a patire entro i suoi confini conflitti e migrazioni forzate, e a soffrire terribili forme di sfruttamento, indegne dell’uomo e del creato. Questo Paese immenso e pieno di vita, questo diaframma d’Africa, colpito dalla violenza come da un pugno nello stomaco, sembra da tempo senza respiro. Signor Presidente, Lei ha menzionato questo genocidio dimenticato che sta soffrendo la Repubblica del Congo.

E mentre voi Congolesi lottate per custodire la vostra dignità e la vostra integrità territoriale contro deprecabili tentativi di frammentare il Paese, io vengo a voi, nel nome di Gesù, come pellegrino di riconciliazione e di pace. Ho tanto desiderato essere qui e finalmente giungo a portarvi la vicinanza, l’affetto e la consolazione di tutta la Chiesa, e a imparare dal vostro esempio di pazienza, di coraggio e di lotta.

Vorrei parlarvi attraverso un’immagine, che ben simboleggia la luminosa bellezza di questa terra: l’immagine del diamante. Care donne e uomini congolesi, il vostro Paese è davvero un diamante del creato; ma voi, tutti voi, siete infinitamente più preziosi di ogni bene che sorge da questo suolo fecondo! Sono qui ad abbracciarvi e a ricordarvi che avete un valore inestimabile, che la Chiesa e il Papa hanno fiducia in voi, credono nel vostro futuro, in un futuro che sia nelle vostre mani e nel quale meritate di riversare le vostre doti di intelligenza, sagacia e operosità. Coraggio, fratello e sorella congolese! Rialzati, riprendi tra le mani, come un diamante purissimo, quello che sei, la tua dignità, la tua vocazione a custodire nell’armonia e nella pace la casa che abiti. Rivivi lo spirito del tuo inno nazionale, sognando e mettendo in pratica le sue parole: «Attraverso il duro lavoro, costruiremo un Paese più bello di prima; in pace».

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Che fare oggi per difendere e promuovere la democrazia

MAURO MAGATTI

Dopo la fine dell’Unione Sovietica, le democrazie liberali che già avevano sconfitto i fascismi hanno nutrito la convinzione di poter diventare il modello di riferimento per il mondo intero. A trent’anni di distanza lo scenario è molto diverso: le democrazie – che pure hanno saputo superare crisi difficili – sono di nuovo sotto attacco.
Dall’interno, il pericolo viene dal malcontento che serpeggia tra i gruppi sociali che temono tanto la perdita del benessere acquisito quanto gli effetti stranianti dei profondi cambiamenti culturali di questi anni. L’assalto di Capitol Hill del 2021, negli Usa, e la replica di Brasilia in questi ultimi giorni ne sono i sintomi più evidenti.
Dall’esterno, la minaccia viene dalle autocrazie, sempre meno disposte ad accettare lo status quo. L’aggressione putiniana dell’Ucraina, più che da pericoli reali per la sicurezza nazionale russa, è stata dettata dall’ostilità nei confronti della liberaldemocrazia e dalla disponibilità all’uso della forza militare per contrastarlo.

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Democrazia. Non basta la conta dei voti

TONIO DELL’OLIO

Il voto da solo non basta a decretare la legittimità democratica di un governo. Ovvero: “L’elezione non è il criterio necessario e sufficiente per riconoscere la qualità di democrazia”. Lo ha scritto ieri Gustavo Zagrebelsky su La Stampa e, per quel che può contare, sottoscrivo in pieno. Non fosse altro perché la storia ci sbatte in faccia che anche alcune tra le peggiori e sanguinarie dittature sono emerse dalle urne e che oggi come oggi la raccolta del consenso è diventata disciplina scientifica, tecnica affinata e subdola alla stregua della persuasione per l’acquisto di un prodotto spacciato come indispensabile e qualitativamente superiore. La propaganda usa il plagio e si insinua nei percorsi carsici della psiche.

Per queste ragioni il Parlamento europeo ha condannato il governo ungherese di Orban. Non basta essere eletti “democraticamente”, bisogna rispettare le Costituzioni, la Dichiarazione Universale dei diritti umani, le minoranze. È questo il sale della democrazia e non la semplice conta dei voti. E non lo scriviamo per prepararci all’esito “scontato” e pluriannunciato da mesi e mesi da tutti i sondaggi nostrani, ma come riflessione che vale dalla Russia agli Usa, dall’Ungheria a tutti i Paesi del nord e del sud del mondo.

in “www.mosaicodipace.it” del 20 settembre 2022

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