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Edgar Morin. Il grande potere dell’improbabile

EDGAR MORIN

La Francia umanista è in crisi. Non è solo la crisi dei partiti di sinistra in rovina, né soltanto la crisi della democrazia che imperversa in tutto il mondo, né solo la crisi di uno Stato iperburocratizzato e appesantito dalle lobby, né ancora soltanto la crisi di una società dominata dal potere onnipresente del profitto, né infine solo una crisi della civiltà o dell’umanesimo, si tratta di una crisi più radicale e nascosta: una crisi del pensiero.

La crisi francese ha i suoi tratti specifici, ma partecipa della crisi propria di una nuova era dell’umanità, cominciata nell’agosto del 1945 con l’annientamento nucleare di Hiroshima e Nagasaki e la cui percezione sfugge alla conoscenza riduttiva, parcellizzata e disgiuntiva che domina le menti.

Popoli, dirigenti, esperti, scienziati, intellettuali non riescono a collocare l’individuale, il locale, l’immediato, il nazionale, l’attuale nel loro contesto, quello di un’avventura umana che si trasforma da settantacinque anni e continua la sua trasformazione verso un avvenire sconosciuto.

La nuova era

Dal 1492, anno d’inizio della conquista delle Americhe e della circumnavigazione del globo, siamo entrati nell’era planetaria: quella in cui tutte le regioni del mondo diventano progressivamente interdipendenti. Fino a oggi dominazione, guerra e distruzione sono state le principali artefici di questa nuova era. Siamo ancora nell’età del ferro planetaria.

Nel luglio del 1945 un evento decisivo ha conferito all’era planetaria una qualità assolutamente nuova: gli scienziati atomici, la punta di diamante del progresso scientifico, hanno creato l’arma capace di annientare l’umanità. Dopo le ecatombi di Hiroshima e Nagasaki, la minaccia si è ingrandita e amplificata: nove nazioni, alcune delle quali fra loro ostili, si sono dotate di armi nucleari e nel complesso dispongono di un arsenale nucleare di più di tredicimila bombe. Altrettante spade di Damocle che pendono sopra otto miliardi di teste.

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