GIANFRANCO RAVASI
L’ uomo che non ha musica nel cuore ed è insensibile agli accordi melodiosi è adatto ai tradimenti, agli inganni e alle rapine. I moti del suo animo sono spenti come la notte e i suoi desideri sono tenebrosi come gli inferi. Non fidarti di lui. Ascolta la musica!
Sono versi del quinto atto del Mercante di Venezia, la potente e terribile tragedia di Shakespeare. Essi puntano al cuore di un’esperienza fondamentale dell’umanità, la musica, il cui linguaggio è universale e continuamente si ricrea. L’attestazione più evidente è nei giovani che se ne nutrono più del cibo quotidiano, col rischio dell’obesità anche a causa dei nuovi ritmi che la musica ha acquisito nei nostri tempi. È noto, infatti, che già i Greci distinguevano tra la musica di Apollo che generava gioia, armonia, bellezza e quella di Dioniso che accecava la mente, ottundeva l’orecchio, esasperava le passioni.
Shakespeare esalta la prima funzione di quest’arte che è efficace anche nel dolore. Se è esclusa, l’anima piomba nel silenzio nero, senza fremiti, divenendo cupa e vuota. Marcel Proust confessava: «La musica mi aiutava a scendere in me, a scoprirvi qualcosa di nuovo». L’esercizio dell’ascolto è, quindi, importante e fa sì che progressivamente la musica non sia solo sentita ma diventi un canto della nostra anima. E agli anziani che disprezzano con alterigia le musiche dei giovani, ripetiamo il detto del Siracide, sapiente biblico: «Parla con saggezza, ma non disturbare la loro musica» (32,3).
in “Il Sole 24 Ore” del 31 luglio 2022